Enciclopedia del diritto


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Gazzoni Francesco

Ordine di Malta [XXXI, 1981]

Sommario:
1. Le vicende storiche.
2. L'ordinamento giuridico melitense.
3. Lo «status» di diritto internazionale.
4. I rapporti diplomatici.
5. I rapporti con la Repubblica italiana.


1. Le vicende storiche.
Le origini del Sovrano Militare Ordine Gerosolimitano di Malta (più esattamente denominabile, storicamente, come Ordine militare e ospitaliero di San Giovanni di Gerusalemme detto di Rodi, detto di Malta) sono lontane nel tempo (1) e risalgono al periodo delle crociate e della nascita dei numerosi ordini, attualmente scomparsi o sopravviventi come istituzioni interne dei vari stati- Ordine teutonico, del S. Sepolcro, dei Templari, dei Cavalieri portaspada, di Compostella, di Santo Stefano, dei SS. Maurizio e Lazzaro, ecc. (2) . - Il nucleo primitivo originò dall'Ospizio fondato da mercanti amalfitani e gestito da monaci benedettini a Gerusalemme (da qui la denominazione di Gerosolimitano e la tradizionale funzione ospedaliera) nel quale furono accolti e curati i cavalieri crociati. Questi vollero costituirsi in Ordine per la difesa della cristianità e l'assistenza armata ai pellegrini, chiedendo poi la Protectio Sancti Petri (accordata con bolla Pia postulatio del 15 febbraio 1113 da papa Pasquale II) e, successivamente, l'approvazione della regola, concessa da papa Eugenio III nel 1145. Tale «costituzione monastica non determinò peraltro alcuna sostanziale trasformazione in senso confessionale del sodalizio, che conservò intero ed inalterato il suo carattere ospedaliero» ad onta dell'osservanza del triplice voto, per meglio «conformare la propria vita con quell'ideale francescano che intimamente risponde alla virtù cristiana di una missione di carità» (3) .
L'originaria espansione dell'Ordine è dunque collegata alle crociate e al compito di difesa delle ultime presenze cristiane in Palestina ad iniziare da Akkon (1921). Strutturatosi militarmente l'Ordine divenne una delle potenze mediterranee di maggiore rilievo anche politico, collegandosi all'impero e al Papato e ricevendone tutta una serie di riconoscimenti. Di pari passo si estese il suo dominio territoriale, per conquista bellica (Ascalona, 1154) o per elargizione dei principi, a cui conseguì una sempre più spiccata emancipazione rispetto al Papa e all'Imperatore nella organizzazione ed autodeterminazione del governo dei domini e nei rapporti con gli Stati. Il 15 agosto 1308 i Cavalieri conquistarono Rodi e le sette isole dipendenti da cui contrastarono i Turchi, subentrati ai Saraceni quale punta di forza dell'Islam, fino al 24 dicembre 1522 quando, dopo la capitolazione, furono costretti ad abbandonare l'isola. Il 23 marzo 1530 l'Ordine ottenne da Carlo V «come feudo nobile, libero, franco, il castello, la piazza e le isole di Tripoli, Malta, Gozo coi loro territori, giurisdizioni, diritti» (4) ove, approvata la infeudazione da Clemente VII, il 26 ottobre dello stesso anno si stabilì mantenendovi l'ultima sua base territoriale fino al 12 giugno 1798 quando Napoleone Bonaparte la occupò, per poi cederla nel 1800 all'Inghilterra. Da allora l'Ordine trasferì la propria sede in territorio italiano ove tuttora risiede, dal 1834, in Roma, dopo aver avuto sedi provvisorie a Trieste, Catania e Ferrara.
Le caratteristiche storiche della sovranità dell'Ordine sono del tutto peculiari: non sembra dubbio che esso abbia sempre avuto, almeno fin dal 1446 quando appare come membro indipendente, riconosciuto dal Papa, della comunità internazionale (5) , una soggettività di diritto internazionale a prescindere dall'esercizio dei poteri discendenti dalla sovranità territoriale: solo così può spiegarsi, ad esempio, la sua capacità di concludere trattati internazionali pur dopo la perdita di Rodi (6) . Pertanto non sembra che l'Ordine in quanto tale sia stato riconosciuto come Stato ovvero come organo di governo di uno Stato (7) .
La riprova è nelle vicende immediatamente successive alla perdita di Malta; in particolare, quelle di carattere internazionale che portarono al riconoscimento del diritto dell'Ordine al ripristino del dominio su questo territorio, al Congresso di Amiens del 27 marzo 1802 (art. 10 del trattato), nonché i successivi tentativi condotti dai suoi plenipotenziari - regolarmente accreditati come diplomatici - ai Congressi di Parigi, Vienna, Aachen, Verona (8) . Meno note sono invece le offerte e le trattative condotte per ottenere una nuova base territoriale, diversa da Malta (9) , a riconferma che la personalità internazionale dell'Ordine non era necessariamente collegata alla sovranità su un certo lembo di terra geograficamente individuato, mantenendosi integra in diritto (ovviamente non in fatto) pur in assenza di questo (10) .
L'Ordine, pertanto, è sempre stato un ente non territoriale e come tale è stato riconosciuto anche quando uno speciale rapporto lo univa a quei domini, che di volta in volta costituirono la sua base, sia sotto il profilo del governo sia sotto il profilo del rapporto di sudditanza dei cittadini istituzionali, rispetto a quelli territoriali.
In teoria potrebbe discutersi se il Gran Maestro era internazionalmente riconosciuto come Capo dell'Ordine o non piuttosto nella sua veste di Principe (di Rodi) o di Malta, con la conseguenza che, in questo secondo caso, l'Ordine sarebbe oggi da equiparare ad un governo esule (11) pretendente al Principato maltese su cui non avrebbe dismesso le proprie rivendicazioni; laddove, per converso, l'Ordine medesimo, in quanto tale, non sarebbe mai stato riconosciuto come ente di diritto internazionale non territoriale (12) . Senonché appare certamente da preferire la prima soluzione che conduce ad instaurare una unione personale tra l'Ordine e gli Stati su cui dominò territorialmente, riunendosi nella medesima persona fisica le cariche e le funzioni di Capo dell'Ordine e di Capo dello Stato territoriale (Principato di Malta o, prima ancora, di Rodi).
Ciò non toglie che possa anche analizzarsi quando l'Ordine agiva in sé e per sé - come ente riconosciuto dalla comunità internazionale - e quando, invece, agiva come preposto al governo dello Stato territoriale, ma sempre tenendo presente che ambedue le attività erano esplicazione di poteri internazionalmente rilevanti e riconosciuti anche dal Papato (13) .
Non a caso, infatti, anche dal punto di vista interno i sudditi dell'Ordine, all'epoca del dominio territoriale, si distinguevano in sudditi istituzionali, cavalieri membri dell'istituzione, e sudditi territoriali, abitanti dell'isola di Rodi o di Malta. I primi, volontariamente aderenti alla corporazione, erano uniti da un vincolo di subordinazione e di fedeltà che non derivava dalla nascita nel territorio, a differenza dei secondi i quali, oltre tutto, non avevano gli obblighi propri dell'appartenenza all'Ordine. Questa distinzione si ripercuoteva in molti campi, come quello della nascita e della perdita dei due status nonché dei diritti e doveri conseguenti, delle funzioni e delle dignità rivestite, dell'accesso alle pubbliche cariche. Inoltre la sudditanza istituzionale non era incompatibile con il mantenimento della cittadinanza di origine, dandosi così vita ad un rapporto sovranazionale, che tuttora caratterizza l'appartenenza all'Ordine (14) , come vedremo.
Se così è, in conclusione, alcuna soluzione di continuità può ravvisarsi tra l'Ordine quale attualmente è strutturato e riconosciuto dalla Comunità internazionale e l'Ordine quale era al momento di esercitare i poteri derivanti dalla sovranità territoriale. Le uniche differenze, ovviamente, sono in fatto ed attengono all'assenza (attuale) di territorio (15) e di cittadini non istituzionali; ma al riguardo va ribadito che questa condizione non costituisce una limitazione delle peculiari caratteristiche dell'ente, così come esso è nato e si è sviluppato nel tempo, perché «l'esercizio della sovranità territoriale non costituiva, come neppur oggi costituisce, uno degli scopi dell'Ordine. Questo esercizio fu un mezzo [...] per l'attuazione dei suoi fini, di natura altamente spirituale» (16) .

2. L'ordinamento giuridico melitense.
Il motivo per il quale, a differenza di tanti altri ordini religioso-cavallereschi, l'Ordine è sopravvissuto alle alterne vicende storiche va essenzialmente ricercato nella sua costante indipendenza da qualsiasi Stato (17) e nell'esistenza di una organizzazione interna che costituisce un ordinamento autonomo e peculiare (ordinamento melitense) (18) . Non a caso nelle carte costituzionali dell'Ordine è sempre stata ribadita la qualità sovrana; affermazione questa di estrema importanza per valutare l'indipendenza del sistema.
Come diremo, particolari rapporti legano l'Ordine alla S. Sede, così come speciali legami, anche di derivazione, possono ravvisarsi tra ordinamento melitense e ordinamento canonico, a causa della sopravvenuta scelta operata dai cavalieri - già autonomamente organizzati nell'istituzione - di darsi una regola religiosa e di porsi sotto la protezione del Papa.
Il collegamento deriva infatti dalla circostanza che taluni cavalieri melitensi assumono i voti religiosi (cavalieri professi) ed altri sono sacerdoti ordinari (cappellani conventuali); solo ad essi è peraltro limitata la natura religiosa dell'Ordine (19) , il quale non può essere in ogni caso confuso con un ordine religioso-monastico, sia per la presenza di membri laici (anche in posti di governo) (20) , sia per l'assenza dell'obbligo di vita in comune, che costituisce una delle più tipiche caratteristiche monacali (21) .
La costituzione attualmente in vigore è del 1961 e ha sostituito quella ad experimentum del 1956 (22) . Essa pone le basi dell'organizzazione dell'Ordine sia all'interno che nell'attività esterna, definendo anche l'àmbito della sua sovranità e dei rapporti con la S. Sede. In attuazione delle direttive ivi poste, nel 1966 è stato promulgato il codice melitense che ha il compito di definire nei particolari le funzioni, le competenze e i rispettivi rapporti degli organi legislativi, amministrativi, giudiziari e religiosi che costituiscono l'organizzazione interna.
Le norme che regolamentano l'entrata nell'Ordine hanno subìto una evoluzione notevole rispetto alle origini: in particolare il carattere nobiliare è bensì tuttora attuale, ma l'antica nobiltà di sangue, in un primo momento esclusiva, convive oggi con la nobiltà «per grazia sovrana», cosicché il carattere «tradizionalmente nobiliare» dell'Ordine (art. 1 costituzione melitense) deve essere inquadrato in questa prospettiva mirante ad acquisire chi, sebbene non nobile per nascita, ne abbia meritato per proprie benemerenze, mediante l'esercizio di peculiari prerogative spettanti al capo sovrano (23) .
Permane, poi, inalterato, il profilo cavalleresco nel senso che i sudditi melitensi sono, nello stesso tempo, cavalieri: l'ammissione al sodalizio, infatti, coincide con il conferimento di tale qualità (24) . Le caratteristiche della sudditanza consistono, innanzi tutto, nella confessionalità, dovendo i membri dell'Ordine professare la religione cattolica; inoltre i cavalieri devono partecipare all'attività ospedaliera o assistenziale dell'Ordine, cosicché si è in presenza di una sudditanza cosiddetta funzionale o professionale, al pari, ad esempio, di quella vaticana. Altra peculiarità è in ciò che i cavalieri-membri non godono di eguali diritti e doveri, in quanto l'ordinamento melitense, da questo punto di vista, riproduce, in certo senso, gli antichi ceti; sussistono, infatti, tre classi (25) : cavalieri di giustizia e cappellani conventuali, che prestano i voti solenni di povertà, castità e obbedienza; cavalieri di obbedienza che fanno solenne promessa di conformare la loro vita agli insegnamenti e alle leggi della Chiesa; cavalieri della terza classe che non prestano voti né promesse formali, ma debbono in ogni caso «tenere una condotta cristianamente esemplare» (art. 136 codice melitense) (26) .
Il supremo consesso dell'Ordine è il Capitolo generale, costituito dai rappresentanti delle diverse classi, al quale compete il potere legislativo «primario», indicando le direttive e il programma dell'attività in campo interno e internazionale. Il Capitolo, inoltre, è competente a modificare la carta costituzionale e il codice ed a procedere alle elezioni capitolari.
Il governo dell'Ordine è esercitato dal Gran Maestro (eletto a vita dal Consiglio Compito di Stato organo assembleare con questa specifica esclusiva funzionale e formato dai rappresentanti dei gran priorati, priorati, sottopriorati, associazioni nazionali), assistito dal Sovrano Consiglio, di regola composto da cavalieri professi, ma, con dispensa della S. Sede, anche da cavalieri di obbedienza.
La funzione giurisdizionale, che in tempi antichi era svolta dallo stesso capitolo generale, è ora affidata - per il principio della separazione dei poteri sovrani - ad un organismo autonomo.
Infatti se le cause di competenza del foro ecclesiastico sono ovviamente sottoposte ai tribunali ecclesiastici ordinari a norma del codice di diritto canonico, quelle di competenza del foro laicale sono decise da un tribunale di prima istanza e da un tribunale superiore di appello. I giudici sono scelti tra i membri dell'Ordine particolarmente versati in giurisprudenza: attualmente essi sono in massima parte magistrati italiani, che hanno ricevuto speciale autorizzazione dal Consiglio superiore della magistratura previo nulla osta del Ministero degli esteri (27) . I tribunali melitensi sono competenti a giudicare (art. 225 codice melitense): sulle impugnative dei provvedimenti circa le prove nobiliari e circa l'investitura nella titolarità delle commende di giuspatronato e delle fondazioni; sulle controversie relative all'amministrazione delle commende di giuspatronato e delle fondazioni medesime; sulle controversie di lavoro ad istanza dei dipendenti dell'Ordine; nonché su quelle vertenti fra i membri dell'Ordine in quanto tali e tra il gran magistero e gli organismi periferici o tra quest'ultimi. Infine i tribunali decidono su ogni altra controversia concernente rapporti compresi nell'ordinamento giuridico dell'Ordine e propri di questo - ad esempio le controversie riguardanti i diplomatici melitensi (28) -. Le sentenze sono delibabili in Italia ex art. 797 c.p.c. (29) .
Le fonti del diritto melitense, oltre la costituzione e il codice, sono costituite dal codice di Rohan (vigente per quanto non incompatibile), dai provvedimenti legislativi emanati dagli organi competenti dell'Ordine, nonché dalle leggi canoniche, dalla originaria regola, dalle consuetudini e privilegi concessi dai pontefici (30) .
A fianco del governo centrale si pone la organizzazione periferica costituita dai gran priorati, priorati e sottopriorati con compiti essenzialmente di cura spirituale e religiosa e, con compiti civili, assistenziali e ospedalieri, dalle associazioni nazionali, le quali sono erette con decreto magistrale e i cui statuti sono redatti (tenendo conto della legislazione interna degli Stati in cui hanno sede) e approvati dal Gran Maestro col Sovrano Consiglio. Le associazioni e i priorati raggruppano i cavalieri secondo la loro nazionalità di origine.
Sotto il profilo patrimoniale i beni dell'Ordine sono o liberamente disponibili ovvero conferiti in commende (beni commendali): si distinguono le commende di giustizia, attribuite a cavalieri professi con libera scelta del Gran Maestro, dalle commende di giuspatronato familiare, che sono erette dall'Ordine con il conferimento contestuale di beni da parte di un cavaliere, investito della carica di commendatore, la quale si trasmette nelle linee familiari secondo determinate regole fissate nelle tavole di fondazione (31) . Alla estinzione dei successibili previsti, la commenda si scioglie e i beni si acquisiscono all'Ordine, con possibilità di fondare una commenda di giustizia ovvero di disporne liberamente (32) . I beni dell'Ordine per consolidata giurisprudenza non sono beni religiosi (33) ; riprova ne sia che essi non sono stati avocati al demanio in seguito alle leggi italiane eversive dell'asse ecclesiastico (34) ovvero, in quei Paesi dove tale confisca e avvenuta, si è ritenuta necessaria una legge apposita, distinta da quella emanata per i beni della Chiesa.

3. Lo «status» di diritto internazionale.
La posizione propria dell'Ordine nella Comunità internazionale è del tutto peculiare a causa, da un lato, dell'assenza (attuale) di un territorio e di cittadini non istituzionali e, dall'altro, per il legame di dipendenza ravvisabile nei confronti della S. Sede essenzialmente a causa delle interferenze sussistenti tra ordinamento canonico e ordinamento melitense.
Questo è il dato più complesso dell'intera analisi, ma, in verità, non è il più difficile a comprendere e a sistemare in un quadro giuridico: infatti sarebbe sufficiente ricordare che, storicamente, l'Ordine ha sempre mantenuto rapporti di dipendenza se non proprio di subordinazione con il papato e non solo a causa della Regola - cioè sul piano religioso - ma anche per la protezione che, sul piano dei rapporti internazionali, ne riceve (35) . Nulla di nuovo pertanto si può riscontrare nell'attuale situazione se non che l'assenza di territorio rende al momento più evidente e, di fatto, più penetrante il legame: ciò che, peraltro, comporta la necessità di una maggiore attenzione nel distinguere quel che è ascrivibile ad una transeunte e superabile deminutio territoriale da quel che è effettiva conseguenza dello status giuridico di cui l'Ordine è titolare nei rapporti interni con la S. Sede e nei rapporti esterni con gli Stati con cui intrattiene stabili rapporti diplomatici, nonché, più in generale, con la stessa Comunità internazionale (36) .
L'art. 3 costituzione melitense del 1961 afferma che «l'intima connessione esistente tra le due qualità di ordine religioso e di ordine sovrano non si oppone all'autonomia dell'Ordine nell'esercizio della sua sovranità e delle prerogative ad essa inerenti come soggetto di diritto internazionale nei confronti degli Stati». È questa la più precisa fissazione dello status dell'Ordine che mai sia emersa rispetto alle enunciazioni delle precedenti costituzioni e alla stessa sentenza cardinalizia del 24 gennaio 1953 (37) . È pertanto evidente che tra ordinamento canonico e ordinamento melitense sussiste un collegamento a causa della qualità di religiosi rivestita dai cavalieri professi; sotto il profilo religioso e per quanto possa concernere l'àmbito in cui si esplicano le attività collegate all'assunzione dei voti sacri, non v'è pertanto alcuna originarietà dell'ordinamento melitense, il quale, in ciò, si adegua perfettamente all'ordinamento canonico e proprio per questo motivo il codice e la costituzione devono ricevere l'approvazione della S. Sede, in quanto dispongono (anche) in un campo (quello canonico) che non è di competenza del proprio ordinamento. Ben diversamente è a dirsi per quanto attiene all'organizzazione destinata a perseguire i fini propri dell'Ordine, i quali non sono esclusivamente religiosi ma ospedalieri e assistenziali. All'uopo l'ordinamento melitense, come detto, predispone gli strumenti per l'autogoverno e l'autodeterminazione: non è dunque dubbia la sua originarietà, perché per poterlo considerare come derivato dall'ordinamento canonico (38) dovrebbe innanzi tutto riscontrarsi in quest'ultimo una norma che operi da collegamento tra i due sistemi, e, in seconda analisi, dovrebbe affermarsi, contro la realtà storica, che l'Ordine è nato ed ha sempre mantenuto esclusivamente finalità ed attività rientranti in quelle contemplate dal diritto canonico (39) , mentre è noto, come abbiamo visto, che la stessa origine non dipese da un'approvazione del pontefice, la quale intervenne in un secondo momento e fu riferita all'assunzione di una regola da parte di una istituzione già operante ed organizzata (40) .
Questa necessaria distinzione tra questioni religiose e questioni relative o conseguenti alla qualità sovrana dell'Ordine vale soprattutto nei rapporti con la S. Sede ed infatti essa è stata tracciata chiaramente dalla sentenza del tribunale cardinalizio la quale ha statuito che le prime sono di competenza della S. Congregazione dei religiosi, laddove le seconde «sono trattate dalla Segreteria di Stato di Sua Santità». Con ciò si dà atto che la sfera di autonomia di cui gode l'Ordine, come ente dipendente, vale perfino nei confronti dello stesso ente sopraordinato: non potrà allora ritenersi che tra i due enti non sussistano rapporti trattati dal diritto internazionale ovvero che l'eventuale trattazione a quel livello sia frutto di una unilaterale concessione di cortesia cosicché in realtà i rapporti sarebbero attratti nell'àmbito dell'ordinamento interno dell'ente sopraordinato (41) . E la riprova di ciò è che «le questioni miste sono risolte d'accordo dalla Sacra Congregazione dei religiosi e dalla Segreteria di Stato di Sua Santità», secondo il disposto della sentenza medesima, con implicita riaffermazione della natura non esclusivamente religiosa dell'ente dipendente «giacché un'istituzione puramente ecclesiastica non potrebbe avere con l'autorità religiosa, ad essa superiore, che relazioni regolate dall'ordinamento di quest'ultima» (42) .
È dunque certo che il collegamento tra i due enti non esclude affatto un'amplissima sfera di autonomia dell'Ordine entro la quale esso ha la possibilità di autodeterminarsi sovranamente, in tale veste presentandosi all'esterno nei confronti degli altri Stati con i quali intrattiene rapporti paritetici, in vista del raggiungimento dei propri fini istituzionali, nel perseguimento dei quali alcuna «questione religiosa» viene in evidenza (43) . Pertanto è anche da escludere che nei rapporti internazionali l'Ordine agisca in nome e nell'interesse della S. Sede, quasi quale organo decentrato di questa (44) , mentre è vero che il rapporto di dipendenza si presenta all'esterno sotto forma di «protezione» come varie circostanze storiche stanno a dimostrare (45) . Ma non per questo potrà affermarsi l'inesistenza di una sfera di autodeterminazione dell'Ordine nei confronti degli Stati, né potrà affermarsi il diritto di ingerenza della S. Sede negli affari internazionali dell'Ordine, sotto forma di rappresentanza internazionale a carattere istituzionale, perché la protezione accordata dalla S. Sede all'Ordine non significa di certo protettorato (46) . E nemmeno può parlarsi di vassallaggio se non altro perché nella fattispecie sussisterebbero rapporti regolati dal diritto internazionale tra Stato vassallo e Stato suzerain (47) .
La sentenza cardinalizia ha affermato tutto ciò, sia pure in forma non sempre esplicita e spesso assai concisa, senza di conseguenza alcunché innovare rispetto al passato ed infatti così come prima di questa decisione gli Stati avevano sempre ben distinto tra Ordine di Malta e S. Sede, non identificando nel primo un organo o ente religioso del secondo - si pensi, ad esempio, al diverso trattamento normativo riservato ai beni dell'Ordine rispetto a quelli religiosi all'epoca delle leggi italiane eversive dell'asse ecclesiastico e per converso si pensi al fatto che la S. Sede al momento della stipulazione del Trattato lateranense non si preoccupò di ottenere per l'Ordine l'extraterritorialità degli uffici come fece per i propri organi fuori del territorio della Città del Vaticano (48) - parimenti durante e dopo il giudizio del tribunale cardinalizio molti Stati hanno riconosciuto l'Ordine come ente di diritto internazionale autonomo ed indipendente (49) , mentre la magistratura italiana ha sempre ribadito la qualità sovrana dell'Ordine al fine di decidere circa la propria giurisdizione (50) .
La sentenza è stata oggetto di numerosi commenti in dottrina, con una precisa analisi di tutti i profili giuridici ed anche politici e di opportunità (51) ; taluni hanno visto in essa un atto unilaterale di imperio che ha eliminato ogni forma di autonomia dell'Ordine (52) . Sembra invece da accogliere l'acuta ricostruzione di chi (53) ha distinto correttamente il profilo canonistico e religioso - e dunque il carattere giurisdizionale della pronuncia - da quello internazionalistico, alla cui stregua la sentenza va vista come precostituzione di contenuto di un accordo internazionale tra le parti in causa: non a caso, infatti, essa è stata comunicata all'Ordine tramite la legazione presso la S. Sede dalla segreteria di Stato di Sua Santità, così come a questa segreteria l'Ordine - tramite la propria legazione - ha fatto pervenire l'accettazione (54) . Ulteriore conferma è nel fatto che l'art. 4 § 1 costituzione melitense afferma che «la posizione dell'Ordine nei confronti della S. Sede è definita dalla sentenza del tribunale Cardinalizio, istituito dal Sommo Pontefice con il chirografo 'Il Sovrano Militare Ordine' del 10 dicembre 1951, pronunciata il 24 gennaio 1953», con ciò ribadendosi il carattere normativo che, nel campo dei rapporti internazionali tra Ordine e S. Sede, ha assunto la pronuncia, intesa come trattato.
Quanto al contenuto, poi, lungi dall'avere negato la sovranità dell'Ordine, la predetta sentenza ha chiaramente affermato che «la qualità di Ordine sovrano [...] ripetutamente riconosciuta dalla Santa Sede, consiste nel godimento di alcune prerogative inerenti all'Ordine stesso come soggetto di diritto internazionale. Tali prerogative che sono proprie della sovranità - a norma del diritto internazionale - e che, dietro l'esempio della Santa Sede, sono state riconosciute anche da altri Stati, non costituiscono tuttavia nell'Ordine quel complesso di poteri e prerogative, che è proprio degli enti sovrani nel senso pieno della parola». Orbene questa affermazione - peraltro valida esclusivamente nei rapporti tra l'Ordine e la S. Sede - non può essere interpretata che con riferimento alle effettive limitazioni derivanti in fatto dall'assenza di un territorio e di cittadini (55) non istituzionali, che impediscono all'Ordine di essere destinatario di tutte le norme consuetudinarie formatesi all'interno della comunità internazionale. Anche da questo punto di vista, dunque, la sentenza cardinalizia non ha negato il godimento da parte dell'Ordine delle prerogative tipiche della sovranità (56) , ma ha correttamente rilevato come esse siano ridotte: in sostanza, laddove la personalità di diritto internazionale è pienamente sussistente, non è parimenti sussistente una piena capacità quanto piuttosto una capacità in punto di fatto limitata (57) .
Ma questa circostanza non significa che la personalità (cioè la cosiddetta sovranità) sia sui generis, cioè una personalità diversa dalle altre, in punto di diritto (58) ; al riguardo alcun significato può assumere l'affermazione - pure ricorrente nella sentenza cardinalizia - di una sovranità funzionale di cui l'Ordine godrebbe, quasi come di uno status diverso da quello discendente dal godimento delle prerogative tipiche della personalità di diritto internazionale. Al contrario dire che «la qualità di Ordine sovrano della istituzione è funzionale, ossia diretta ad assicurare il raggiungimento dei fini dell'Ordine stesso ed il suo sviluppo nel mondo» (59) può voler significare cose del tutto diverse ed al riguardo non può dimenticarsi che la affermazione è stata fatta nella sentenza del tribunale cardinalizio con un preciso scopo, interno ai rapporti tra S. Sede e Ordine, senza minimamente influenzare i rapporti esterni, che l'Ordine intrattiene con i vari Stati. In particolare non può ritenersi che questa enunciazione alluda alla posizione delle organizzazioni internazionali, i cui privilegi e immunità sono, appunto, funzionali al raggiungimento dei fini (60) , perché se non altro, come diremo, è da escludere che l'Ordine possa essere assimilato ad uno di questi enti, né, d'altra parte, si ravvisa alcuna limitazione o specificazione nella formula con la quale i vari Stati ne hanno riconosciuto la sovranità. Riportata all'interno dei rapporti con la S. Sede, invece, la formula può avere un suo significato non già nel senso di una subordinazione del profilo sovrano a quello religioso (61) (perché, altrimenti, non si comprenderebbe tra l'altro come le questioni miste siano trattate anche a livello di diritto internazionale dalla Segreteria di Stato) ma piuttosto come subordinazione del riconoscimento da parte della S. Sede alla persistente caratterizzazione religiosa e cattolica dell'istituzione, cosicché il riconoscimento medesimo verrebbe meno qualora l'Ordine si laicizzasse ovvero accogliesse tra i suoi membri persone di diversa religione ovvero ancora non perseguisse più i propri fini che sono benefici e caritatevoli.
Può all'uopo ricordarsi l'analoga situazione venuta ad esistenza con la creazione dello Stato della Città del Vaticano: anche allora la sovranità territoriale venne definita funzionale all'esercizio da parte della S. Sede della sua altissima missione spirituale nel mondo (62) con la conseguenza che ne è derivato l'obbligo «di preporre all'ufficio di Capo dello Stato, il Capo della Chiesa cattolica» (63) ed inoltre che detta sovranità verrebbe meno «nel caso che il Pontefice volesse alienare ad altri quel territorio o comunque rinunciare alla sua sovranità» (64) essendosi in presenza di uno Stato-fine (65) .
La formula della sentenza cardinalizia, dunque, è, a ben vedere, ricalcata su quella dell'art. 2 e 3 comma 1 del trattato del Laterano.
Per questi motivi, se una modificazione dei fini o la laicizzazione dell'Ordine determinerebbe automaticamente il disconoscimento internazionale da parte della S. Sede, rimane impregiudicato quale sarebbe l'atteggiamento degli Stati di fronte ai quali questi fini e la stessa struttura religiosa non hanno mai costituito una condizione (espressa o tacita) del riconoscimento (66) .
In punto di diritto, pertanto, l'Ordine si presenta con una piena e completa personalità di diritto internazionale, attenendo le limitazioni alla capacità in concreto (67) . Questa personalità è attestata dall'esistenza di un diritto di legazione attivo e passivo, dal ius contrahendi (68) , dal diritto di rilasciare passaporti, dalle prerogative ed immunità godute dal Gran Maestro e dagli organi di rappresentanza esterna, dall'esistenza di una organizzazione interna che dà vita a persone giuridiche riconosciute alla stregua di persone giuridiche straniere, dall'esistenza di una propria giurisdizione alternativa a quella territoriale o di appartenenza, dal potere di conferire onorificenze. È dunque certo che l'Ordine occupa un proprio posto nell'àmbito della Comunità internazionale non dissimile da quello proprio degli altri enti, contribuendo come questi a formare le regole primarie consuetudinarie - il cui monopolio non è detenuto dagli Stati - sebbene, da un punto di vista esclusivamente quantitativo, in misura notevolmente ridotta.
Oltre tutto questa soluzione è avvalorata da una indagine a livello di fonte delle situazioni giuridiche soggettive di cui l'Ordine è titolare. In teoria infatti essa non può che ritrovarsi o nell'ordinamento interno dell'Ordine, ovvero in quello dei singoli Stati con i quali l'Ordine è in rapporto ovvero ancora, appunto, nell'ordinamento giuridico internazionale. Certamente è da escludere che la legittimazione vada reperita internamente all'ordinamento melitense: in esso, infatti, con chiarezza è affermata l'esistenza di una personalità di diritto internazionale dell'Ordine, nonché il diritto di concludere trattati internazionali, che come tali sono considerati, se è previsto dall'art. 5 § 2 costituzione melitense che il Gran Maestro debba ratificarli.
Né appare appagante la tesi secondo cui i riconoscimenti sarebbero di puro diritto interno degli Stati (69) a titolo di cortesia, perché, in tal caso, dovrebbe reperirsi il complesso di norme che questi riconoscimenti sancisca o autorizzi (70) , ciò che non è.
Non resta dunque che situare all'interno dell'ordinamento internazionale il complesso dei rapporti di cui l'Ordine è parte: semmai il problema è quello di individuare se si sia in presenza di un riconoscimento particolaristico limitato agli Stati che di volta in volta stipulano accordi con l'Ordine ovvero discendente da una peculiare norma consuetudinaria elaborata dalla Comunità internazionale; ovvero ancora se la soggettività internazionale non discenda dalla norma fondamentale della stessa Comunità, che attribuisce automaticamente questo status ad ogni ente che sia autonomo da ogni altra autorità e il cui ordinamento sia originario.
La tesi particolaristica non è del tutto attendibile, sia perché, sul piano storico, non è possibile reperire una norma consuetudinaria formata dagli Stati cattolici e diretta a regolamentare i rapporti con l'Ordine (71) ; sia perché non può pensarsi ad un accordo tacito tra gli stessi Stati, dal momento che, oltre tutto, tra di essi dovrebbero figurare Stati di religione non esclusivamente cattolica ed anche Stati di ideologia socialista (Libano, Cuba, Egitto, Stati africani). Per altro verso non può neanche sostenersi che la soggettività dell'Ordine sia la conseguenza di singoli accordi tra gli Stati, costitutivi della personalità internazionale e dunque di una sovranità che sarebbe funzionale, perché in tal modo si parificherebbe l'Ordine ad una organizzazione internazionale (72) pur essendo assolutamente difformi le premesse del relativo riconoscimento. Infatti l'Ordine sarebbe comunque parte dei trattati che dovrebbero riconoscergli lo status internazionale, laddove dette organizzazioni prendono vita da accordi (a cui dunque sono estranee) intercorsi tra gli enti statali con la conseguenza che la loro capacità è non solo relativa ma anche parziale, cioè limitata in diritto e non in fatto (73) , non potendo essere, ad esempio, nemmeno in ipotesi, destinatarie delle norme che regolamentano la sovranità territoriale o il diritto di cittadinanza. Al contrario l'Ordine è stato riconosciuto capace di acquistare una sovranità territoriale pur dopo la perdita di Malta (trattato di Amiens) con conseguente acquisizione di cittadini non istituzionali, come d'altra parte già avvenne per la S. Sede con il trattato lateranense del 1929 (74) . Infine, a ulteriore conferma, va ricordato che i rappresentanti melitensi accreditati presso gli Stati godono di immunità e privilegi non già in quanto funzionari internazionali, ma piuttosto nella loro qualità di agenti diplomatici, con rango di ambasciatore o ministro plenipotenziario.
Per motivi analoghi appare opinabile la tesi di chi ritiene l'Ordine destinatario della sola norma consuetudinaria attributiva del ius contrahendi, laddove le altre norme internazionali, di cui diverrebbe destinatario, sarebbero particolari e derivanti dai singoli accordi (75) : la situazione di fatto riscontrabile nella prassi internazionale appare infatti difforme (76) , ed inoltre se l'Ordine fosse destinatario di una norma consuetudinaria generale quale quella sul diritto a contrarre non si vede quale sarebbe l'ostacolo ad accogliere la tesi più ampia che vede nell'Ordine un ente primario a fianco e distintamente agli Stati.
Questa tesi è stata, infatti, sostenuta (77) , ed è basata soprattutto sull'analisi storica che dimostra come alcuna soluzione di continuità si sia verificata nei rapporti tra l'Ordine e gli Stati con i quali intratteneva rapporti diplomatici al tempo del dominio su Malta, così come non è intervenuta alcuna modificazione nell'ordinamento melitense ad eccezione di quelle riferentesi al possedimento territoriale.
Secondo questa impostazione l'Ordine è dunque un ente primario attualmente strutturato in maniera difforme dagli Stati (78) e questo spiegherebbe la limitatezza dei rapporti a cui dà vita (79) ; inoltre l'assenza di territorio lo priverebbe della più evidente realtà della propria indipendenza e questa peculiare situazione, soprattutto per le ripercussioni che l'assenza di base territoriale ha nei rapporti interni con la S. Sede (80) , può spiegare in effetti la varia gradualità con cui gli Stati accedono all'allacciamento dei rapporti diplomatici (81) .

4. I rapporti diplomatici.
Il diritto di legazione dell'Ordine non ha conosciuto nella sostanza una soluzione di continuità in seguito alla perdita del dominio territoriale sulle isole di Malta, Gozo e Comino. Nessun dubbio può sussistere circa l'esistenza e l'effettiva esplicazione di questo diritto nel periodo antecedente: fin dal 1466, il Papa riconobbe nella persona del Gran Maestro il Principe sovrano di Rodi e, da questa data, la diplomazia melitense si sviluppò; in un primo momento attraverso missioni speciali, successivamente con missioni permanenti (82) . Attualmente l'Ordine ha stabili rapporti diplomatici, attraverso ambasciate o legazioni, con quarantuno Stati (83) ; in altri cinque Stati (84) è rappresentato da un delegato permanente presso il governo. Inoltre ha rappresentanti presso organizzazioni internazionali (85) .
Gli agenti melitensi, dunque, appartengono a classi diverse ed hanno diversi status; da un lato si situano gli agenti con rango di ambasciatore nonché quelli con rango di inviato straordinario e ministro plenipotenziario; dall'altro i cosiddetti delegati. I primi godono delle immunità diplomatiche riconosciute dalla consuetudine internazionale, al contrario dei secondi (86) i quali sono semplici rappresentanti per la trattazione di questioni di comune interesse e sulle quali le parti desiderano mantenere contatti permanenti, pur non avendo regolari rapporti sul piano della diplomazia.
L'instaurazione di normali relazioni diplomatiche avviene di regola sulla base di un accordo espresso o risultante da uno scambio di dichiarazioni, talvolta congiunte, ovvero ancora tacito (87) ; da esso nasce il potere di dar vita ad organi permanenti di rappresentanza esterna. Di qui l'invio di una missione diplomatica previo gradimento e accreditata mediante la cosiddetta lettre de créance (88) . Queste procedure - tutte rigorosamente di competenza del diritto (internazionale) diplomatico - sono in ogni particolare osservate sia dall'Ordine che dagli Stati con cui il rapporto diplomatico è instaurato. Gli agenti dell'Ordine ricevono lo stesso trattamento dei rappresentanti di Stato estero, con la conseguenza che i membri della missione melitense godono di tutte le prerogative ed immunità d'uso secondo le consuetudini internazionali e all'occorrenza, secondo la Convenzione di Vienna del 18 aprile 1961 (89) . Questa conclusione è stata peraltro contrastata affermandosi, da parte di una isolata dottrina, che il trattamento riservato agli agenti dell'Ordine sarebbe di puro favore e cortesia (90) , fondandosi così su un titolo diverso da quello che è alla base del riconoscimento delle prerogative degli inviati degli Stati sovrani. In conseguenza di ciò gli agenti diplomatici melitensi non godrebbero di immunità se non, a tutto concedere, per gli atti posti in essere nella loro qualità di organi e non già per l'attività privata. In particolare, per quanto riguarda l'Italia, «l'accreditamento di un cosiddetto agente diplomatico italiano presso l'Ordine di Malta non può quindi valere che come atto amministrativo interno con cui si crea un ufficio per i rapporti fra l'amministrazione italiana ed un ente dotato, nell'àmbito dell'ordinamento italiano, di un particolare status. Reciprocamente, si sarebbe preso atto dell'esistenza di un organo di tale ente, destinato a svolgere i rapporti con l'amministrazione italiana» (91) .
Può però rilevarsi che la consuetudine formatasi nella Comunità internazionale è decisamente nel senso inverso, perché «non si è mai dubitato da parte dei governi di detti Stati che le prerogative godute dagli agenti diplomatici non fossero estensibili agli inviati dell'Ordine» (92) . D'altra parte se il trattamento riservato alla diplomazia melitense trovasse il proprio titolo esclusivamente in un grazioso favor dovrebbe rinvenirsi come detto nell'ordinamento interno dello Stato accreditatario o dello Stato di transito una norma che dette prerogative e benefici conceda, mentre in nessun ordinamento giuridico degli Stati che riconoscono la sovranità dell'Ordine tale norma è reperibile (93) .
Per quanto riguarda, in particolare, l'Italia, devono distinguersi tre diversi periodi: durante il primo periodo l'Ordine non aveva alcun agente accreditato; poteva solo rinvenirsi una regola interna (r.d. 28 novembre 1929, n. 2023 in relazione all'art. 11 r.d. 16 dicembre 1927, n. 2210) mirante a dettare le «norme relative al trattamento del S.M.O.M. nell'ordine delle precedenze a Corte e nelle pubbliche funzioni», in cui poteva a tutto concedere ravvisarsi l'esistenza di inviati di cerimonia.
In data 13 novembre 1951 fu concesso il gradimento per la nomina di un delegato permanente dell'Ordine presso il Governo.
Infine nel luglio 1956 vi fu il reciproco accreditamento di inviati straordinari e ministri plenipotenziari in tutto e per tutto inquadrati nel rango diplomatico.
Dalla progressione dei rapporti tra Italia e Ordine di Malta appare dunque evidente come da inviati di cerimonia, ricevuti e riconosciuti con norma interna riservante un trattamento di cortesia, si sia passati ad agenti stabili, ma con funzione e competenza puramente amministrativa, organo di rappresentanza interna dell'Ordine per la trattazione di questioni parimenti interne e dunque privi di qualsiasi immunità, per instaurare infine stabili relazioni diplomatiche con tutti i privilegi e diritti conseguenti. È di tutta evidenza, allora, che la teoria surriferita può adattarsi alla prima fase (inviati di cerimonia, con trattamento di cortesia) ovvero alla seconda (delegato, con competenza e funzioni interne) ma non di certo alla terza, perché è appena il caso di rilevare che alcuna limitazione è prevista, quanto allo status dell'agente diplomatico dell'Ordine, a differenza di quel che è dato osservare con riguardo al delegato, il cui riconoscimento, per espressa affermazione delle parti, non implicava «il godimento di alcun privilegio od immunità diplomatica». Qualora l'Italia avesse voluto disconoscere queste prerogative diplomatiche ne avrebbe pertanto fatto espressa menzione nell'accordo (ricognitivo) internazionale, di cui diremo, intercorso con l'Ordine (scambio di note diplomatiche in data 11 gennaio 1960), ovvero di volta in volta in sede di concessione del gradimento.
Un'ulteriore consuetudine rafforza le conclusioni a cui si è giunti in materia di immunità diplomatiche; assai spesso il rappresentante dell'Ordine presso uno Stato è scelto nella persona di un cittadino di detto Stato ovvero di un cittadino che, benché straniero, svolge attività commerciali nello Stato medesimo. Orbene, poiché la prassi consuetudinaria è nel senso di concedere anche a detti agenti le immunità comunque spettanti ai diplomatici (94) , una diversa disciplina non potrebbe che derivare da apposita, espressa rinunzia. Ma se gli agenti diplomatici melitensi non godessero di immunità complete ed assolute, di certo non si porrebbe problema alcuno, pur nella ipotesi così tracciata. La realtà invece è esattamente opposta: in entrambe le ipotesi surriferite vi è un accordo derogante, di rinunzia da parte dell'Ordine al godimento per i propri agenti delle immunità e privilegi spettanti ai diplomatici. E questo accordo, secondo la regola consuetudinaria (95) , intercorre tra le alte parti e non già tra lo Stato accreditatario e l'agente diplomatico; in secondo luogo non interviene al momento della convenzione costitutiva della missione diplomatica (di tal che sarebbe estensibile a qualsivoglia agente melitense), ma invece al momento del gradimento che viene concesso dallo Stato ricevente correlativamente alla rinuncia alle immunità per le attività private dell'agente cittadino nazionale o commerciante nello Stato, espressa dall'Ordine. La rinunzia è dunque legata alla qualità soggettiva della persona dell'agente e, ovviamente, con efficacia intuitu personae e circoscritta nel tempo al periodo di attività dell'agente come rappresentante melitense: essa cade nel momento in cui l'Ordine notifica la lettera di richiamo, accreditando, poi, un nuovo diplomatico. Si possono ricordare, tra gli altri, i casi della Cecoslovacchia, dell'Argentina, della Spagna, della Repubblica dominicana (96) .
Distinti problemi nascono dalla circostanza che l'Ordine non ha un territorio proprio in cui ricevere ed ospitare la missione diplomatica degli Stati con cui intrattiene stabili relazioni. Consegue da ciò che gli agenti degli Stati accreditanti devono necessariamente risiedere in Italia o all'estero: in ambedue i casi, pertanto, si pone il problema del riconoscimento del rango diplomatico dell'agente accreditato presso l'Ordine, al fine di garantirgli le immunità diplomatiche e all'uopo sarebbe necessario un preciso ed espresso accordo intercorrente tra l'Ordine e lo Stato ospitante territorialmente, cioè, in pratica, vista la posizione di enclave propria dell'Ordine, con l'Italia. E questa è stata, infatti, la soluzione data all'analogo problema sorto con il riconoscimento della S. Sede (art. 12 trattato lateranense).
Poiché un tale accordo non è (ancora) intervenuto, l'Ordine ha seguito una diversa strada, per garantire pur sempre l'esercizio in fatto del diritto di legazione passiva: quella di concedere il proprio gradimento, nei limiti in cui l'agente da accreditare presso di sé non sia quello già accreditato presso la Repubblica italiana, ad un membro della missione diplomatica già accreditata presso la S. Sede dallo Stato con cui si allacciano rapporti (normalmente il capo-missione), il quale (già) gode in Italia, nel cui territorio spesso risiede per l'esiguità della consistenza territoriale della Città del Vaticano, «di tutte le prerogative ed immunità che spettano agli agenti diplomatici secondo il diritto internazionale», come testualmente dispone l'art. 12 del trattato tra la S. Sede e l'Italia.
Si è in presenza, dunque, di un unico soggetto preposto a due distinti organi del proprio Stato (97) : alla legazione presso la S. Sede e a quella presso l'Ordine. Ne consegue che accreditamento e richiamo dell'agente saranno temporalmente coincidenti per entrambe gli incarichi, sebbene, come è ovvio, realizzati con distinte procedure e distinti atti.
Questo è il motivo della unicità del soggetto accreditato presso la S. Sede e l'Ordine, senza che ciò possa far pensare a possibili interferenze sul piano del diritto di legazione passiva - e dunque dell'attività internazionale - tra i due enti sovrani, i quali sono assolutamente indipendenti l'uno dall'altro su questo piano, intrattenendo rapporti paritetici (98) . Riprova ne sia che il diritto di legazione attivo dell'Ordine è esercitato non già attraverso la nunziatura apostolica, ma attraverso propri membri laici.

5. I rapporti con la Repubblica italiana.
I cavalieri melitensi, fin dalla caduta di Malta, fissarono la propria sede nella penisola italiana. È dunque naturale che speciali rapporti uniscano l'Ordine all'Italia essenzialmente a motivo dell'assenza - diversamente da San Marino o dallo Stato della Città del Vaticano - di un proprio territorio e dunque di propri cittadini territoriali. L'Ordine infatti non esercita la propria sovranità 'sul' territorio, ma 'nel' territorio italiano: le sue sedi in Roma (via Condotti e Aventino) godono della extraterritorialità diplomatica con la conseguenza che lo Stato italiano non può al loro interno compiere atti autoritativi di qualsivoglia indole (esecutivi, ispettivi, giudiziari), mentre riconosce l'esercizio, in essa, delle prerogative della sovranità melitense.
Le due sovranità coesistono, dunque, senza sovrapporsi, ma l'Ordine esercita le funzioni sovrane in una sfera assai più ampia di quanto non avvenga nelle legazioni degli Stati stranieri, che pur godono della extraterritorialità; queste ultime, infatti, vedono limitata alla sfera tipicamente amministrativa le garanzie discendenti dal privilegio della immunità della sede; l'Ordine, invece, si avvale della extraterritorialità per compiere i propri atti di autodeterminazione sovrana.
Questa situazione, che, di fatto, si era sviluppata nel tempo fin dalla fine dello scorso secolo (99) , ha trovato conferma nell'accordo internazionale intervenuto tra le alte parti con scambio di note diplomatiche (100) , in data 11 gennaio 1960 (101) . Ed è importante rilevare come tutte le prerogative, di cui l'Ordine godeva in Italia a quel momento, siano state oggetto di ricognizione e conferma da parte dell'accordo medesimo (102) , il quale testimonia dei rapporti paritetici esistenti tra i due soggetti di diritto internazionale, laddove, precedentemente, i riconoscimenti erano racchiusi, da un punto di vista formale, in atti unilaterali dello Stato italiano (103) , o in prassi consuetudinarie.
L'accordo, in sostanza, garantisce l'autonomia completa dell'Ordine nell'organizzazione del proprio ordinamento interno e nell'esercizio della propria iniziativa esterna, essendo questa la logica conseguenza del riconoscimento, ma non delimita, esso stesso, né chiarisce l'àmbito delle rispettive attività, cosicché talvolta possono sussistere interferenze che, in assenza di uno specifico trattato, la prassi consuetudinaria appiana, ovvero che, in assenza di essa, sono risolte in sede amministrativa o giudiziaria, essenzialmente attraverso lo strumento della dichiarazione (o del difetto) di giurisdizione.
Alcuna interferenza è mai sorta per quanto riguarda l'organizzazione interna dell'Ordine, i suoi atti di governo, la nomina o l'elezione delle alte cariche, ad onta della cittadinanza italiana di taluni dei preposti. Particolare rilevanza, invece, assume la persona del Gran Maestro, al quale, in quanto Capo dell'Ordine, la Repubblica italiana riconosce le prerogative sovrane quale Capo di Stato estero. Di conseguenza egli ha diritto alle qualifiche onorifiche a lui riservate dal proprio ordinamento, di guisa che deve ritenersi superata (ed assorbita) la norma contenuta nell'art. 38 comma 3 r.d. 7 giugno 1941, n. 651 (104) , la quale già riconosceva al Gran Maestro il titolo di «Altezza Eminentissima»; in futuro qualunque mutamento dovesse intervenire nell'ordinamento melitense in detta materia sarebbe automaticamente recepito nell'ordinamento italiano a prescindere dall'esistenza di una norma interna. Egli ha parimenti diritto al trattamento riservato, dal punto di vista del cerimoniale, ai Capi di Stato estero e pertanto devesi ritenere superato il r.d. 28 novembre 1929, n. 2029 (105) .
In materia fiscale l'Ordine gode, al pari degli Stati riconosciuti dall'Italia, di una esenzione tributaria generale, relativamente all'attività concernente l'attuazione dei propri fini istituzionali (106) , ed inoltre è esente da tributi e vincoli amministrativi per le proprie sedi di via Condotti e dell'Aventino, nelle quali, come detto, attualmente si esercitano le prerogative della sovranità (107) ; è immune da ogni gravame fiscale previsto per enti, società, associazioni o persone giuridiche; gode delle agevolazioni tributarie previste dalle leggi italiane in materia di beneficenza, assistenza ed istruzione, che sono anche estese ai propri enti ed istituzioni operanti nel territorio della Repubblica italiana ed a favore di cittadini italiani (art. 1 dell'accordo); è esente dall'imposta di successione e da quella di registro per le donazioni in applicazione della l. 10 febbraio 1953, n. 59 (108) , accolto dal Ministero delle finanze (109) ; le automobili dell'Ordine godono delle esenzioni fiscali e delle agevolazioni proprie degli automezzi del Corpo diplomatico, di cui portano i contrassegni; le persone del Capo dell'Ordine e del Gran Cancelliere godono della franchigia doganale in conformità al r.d.l. 26 luglio 1925, n. 1259, confermato e richiamato dall'accordo 11 gennaio 1960 (art. 4).
Uno dei punti più rilevanti del predetto accordo italo-melitense riguarda, poi, il riconoscimento delle onorificenze, decorazioni e distinzioni concesse dall'Ordine, al momento dell'acquisizione dei propri membri ovvero per insignire chi ne abbia meritato, pur restando estraneo al sodalizio (art. 7) (110) , riconoscimento che è sintomo e conseguenza della pariteticità dei rapporti esistenti tra l'Italia e l'Ordine (111) . Al riguardo va ricordato come l'equiparazione tra le decorazioni italiane e quelle melitensi non sia un fatto recente, ma fondato su una prassi ormai secolare che ha trovato conferma nel d.lg.C.p.S. 30 maggio 1947, n. 604 all. A, tit. III, capo IV (112) e nel successivo art. 7 comma ult. l. 3 marzo 1951, n. 178 e d.P.R. 20 marzo 1953, n. 112 all. A, tit. III, capo IV.
Va poi ricordata la riconferma, operata in sede di accordo internazionale, dell'applicabilità all'Ordine «delle norme vigenti circa la procedibilità di atti di sequestro e pignoramento ed in genere di esecuzione forzosa su beni di Stati esteri» (art. 6), applicabilità che era già stata affermata dalla giurisprudenza con riguardo alla omessa richiesta di autorizzazione preventiva da parte del Ministro della giustizia ai sensi del r.d.l. 30 agosto 1925, n. 1621, convertito in l. 15 luglio 1926, n. 1263, la quale è stata ritenuta invece essenziale (113) .
L'Ordine gode dell'immunità giurisdizionale per quanto concerne le controversie aventi ad oggetto i rapporti di lavoro instaurati con cittadini italiani (114) così come per gli altri negozi cosiddetti di funzione, strumentali, cioè, al raggiungimento dei propri fini in Italia (115) mentre per gli atti di carattere internazionale è sottratto alla giurisdizione italiana, per carenza di norme da attuare (116) .
Infine, ogni atto da portare a conoscenza dell'Ordine sia esso di carattere amministrativo, fiscale (ingiunzioni, contravvenzioni) o giurisdizionale (citazioni in giudizio) deve seguire uno speciale iter partecipativo attraverso il Ministero degli affari esteri che ne cura la notifica tramite la legazione dell'Ordine in Italia (117) .
L'accordo italo-melitense prevede anche che «per quanto si riferisce ai collegamenti postelegrafonici del Sovrano Ordine e alla regolamentazione di altri rapporti (si procederà in futuro ad) ulteriori trattazioni». Da ciò deriva, innanzi tutto, il riconoscimento italiano della capacità contrattuale dell'Ordine come conseguenza della sua personalità internazionale, cosicché non sembra potersi più parlare di mere concessioni interne graziosamente operate dall'Italia, ma di veri e propri accordi internazionali. Infatti se il predetto accordo di base è a carattere internazionale, e tale è stato riconosciuto anche da parte delle competenti autorità italiane (118) , non potrà negarsi questa caratteristica a tutti i futuri accordi che regolamenteranno «altri rapporti» diversi da quelli che già hanno costituito oggetto di regolamentazione nell'accordo fondamentale.
In particolare per quanto concerne l'attività postelegrafonica melitense appare difficile negare che l'attività medesima sia in principio riconosciuta dall'Italia come legittima, né potrebbe essere diversamente una volta preso atto della sovranità dell'Ordine: non osta, infatti, a questa attività l'assenza di territorio (119) - si pensi, per una situazione analoga, alle emissioni postali dell'ONU (120) - né quella di cittadini territoriali, potendo usufruire del servizio qualsiasi interessato. L'unico problema che sorge è quello del necessario collegamento postale da instaurare con l'Italia, a causa della posizione di enclave in cui si trova l'Ordine rispetto al territorio italiano: e non è un caso se l'accordo di base si preoccupa di codesta situazione al punto da prevedere un vero e proprio obbligo (contrattuale) dell'Italia ad addivenire a future trattazioni (121) le quali hanno solo il compito di disciplinare i profili tecnici della questione (122) .
Tali trattazioni si sono ora concretizzate in un accordo postale sottoscritto dai Ministri delle poste italiano e dell'Ordine in data 13 marzo 1979, in base al quale è previsto e disciplinato l'allacciamento (123) .
L'art. 5 dell'accordo di base tra Italia e Ordine di Malta riconosce, poi, la «personalità giuridica delle istituzioni dello S.M.O. di Malta (baliaggi, commende, fondazioni, ecc.) quali enti di diritto pubblico melitense (nonché la) disciplina esclusiva dell'ordinamento del Sovrano Ordine per quanto concerne gli atti di fondazione dei medesimi e le successioni ed investiture dei titolari», con ciò recependo automaticamente nell'ordinamento italiano le regole dettate in materia dal diritto melitense. Risulta da ciò che l'Italia riconosce le istituzioni melitensi come persone giuridiche straniere, ammesse a godere dei diritti civili ex art. 16 disp. prel. (124) e soggette alla giurisdizione italiana esclusivamente per gli atti non funzionalizzati nonché, più in generale, per quei profili che non sono espressione tipica dell'ordinamento di appartenenza.
Al riguardo è opportuno chiarire la posizione assunta, nell'àmbito dell'ordinamento italiano, dall'Associazione dei cavalieri italiani del Sovrano Militare Ordine di Malta (ACISMOM) nonché le peculiari vicende giuridiche a cui danno luogo le commende melitensi.
Circa l'ACISMOM, due sono i profili che vanno nettamente tenuti distinti; il primo concerne l'attività istituzionale nel campo ospedaliero e sanitario in generale svolta come attuazione e perseguimento dei fini propri dell'Ordine, di cui detta associazione è, al pari delle altre, emanazione. Per tutti i negozi giuridici posti in essere ex art. 16 disp. prel. nonché per le altre vicende non contrattuali (ad esempio, lasciti ereditari o imposizioni tributarie) nei limiti in cui sussista un collegamento diretto ed immediato con la realizzazione dei propri fini, dovrà dirsi che l'ordinamento italiano non interferisce, specialmente in sede giurisdizionale, essendo questa attività riservata, in via giudiziaria, ai tribunali melitensi per difetto di giurisdizione o di norme da applicare, al pari di quanto già osservato circa la posizione assunta, in proprio, dall'Ordine. Così si è ritenuto l'ACISMOM direttamente esente (in virtù dell'art. 10 cost.) da qualsiasi obbligo tributario, quando agisce quale organo o ente del soggetto di diritto internazionale Ordine di Malta, per il perseguimento dei suoi scopi istituzionali, essendo lo Stato italiano carente del correlativo potere impositivo (125) ; egualmente, per giurisprudenza assolutamente consolidata - ora anche delle sezioni unite della Suprema Corte -, sono sottratte alla cognizione del giudice italiano (e riservate alla giurisdizione melitense ex art. 225 lett. d codice melitense) le controversie riguardanti i rapporti di lavoro, nei limiti, ovviamente, in cui sia possibile parlare di negozi di funzione, sia quando parte è l'ACISMOM (126) , sia quando parte è altra associazione nazionale del Sovrano Ordine (127) .
Diversa situazione si verifica, invece, per quanto riguarda l'attività dell'ACISMOM volta ad organizzare il personale di assistenza da impiegare in caso di guerra o di calamità naturali. Detto personale è riunito in uno speciale corpo le cui modalità di nascita e di regolamentazione sono previste dalla l. 4 gennaio 1938, n. 23 (che in parte riproduce il precedente d.l. 23 dicembre 1915, n. 1950), la quale detta disposizioni sull'arruolamento di personale volontario da parte dell'ACISMOM (art. 2 e 3), con conseguenti poteri autoritativi, potendo l'associazione chiamare in servizio, mediante precettazione, i volontari medesimi, iscritti all'uopo in speciali ruoli. In questa evenienza essi divengono militari e, come tali, sono sottoposti alle norme del regolamento di disciplina del codice penale dell'esercito italiano. Trattasi, dunque, di un corpo militarizzato con compiti di soccorso «in circostanze temporanee di pubblica necessità» (art. 7 l. n. 23, cit.) alle dirette dipendenze dell'ACISMOM, salvo incorporazione nell'esercito italiano in caso di guerra (128) .
A fianco a questo corpo speciale, iscritto negli speciali ruoli, si pone il personale civile che è alle dipendenze dell'ACISMOM nell'espletamento dell'attività ospedaliera istituzionale condotta in autonomia o in base a convenzioni con lo Stato italiano. Questo personale non è militarizzato né arruolato, ma è invece assunto mediante ordinario contratto di lavoro che regolamenta anche il trattamento economico e lo stato giuridico in collegamento con i contratti collettivi nazionali italiani, applicabili nei limiti in cui, come detto, non si tratti di negozi di funzione, con conseguente difetto di giurisdizione per inapplicabilità delle norme italiane e con rinvio alla giurisdizione dell'Ordine ex art. 225 lett. d codice melitense.
Infine va ricordato che ogni forma di cooperazione tra l'ACISMOM e lo Stato italiano è regolata da apposite convenzioni legittimate, da parte italiana, dall'art. 1 l. n. 23, cit. Queste convenzioni sono di diritto internazionale, intercorrendo «tra due diversi soggetti di diritto internazionale» (129) che stipulano su un piano di assoluta parità.
Particolari vicende giuridiche originano, poi, dai rapporti che si instaurano con la creazione delle commende di giuspatronato familiare (o di grazia melitensi) di cui abbiamo già illustrato le caratteristiche.
Sembra innanzi tutto possibile affermare che i beni appartengono ab origine alla commenda in quanto tale, come ente melitense con personalità giuridica e non all'Ordine (130) , il quale non ha su di essi nemmeno una sorta di dominio diretto (131) ma solo un potere di controllo affinché le rendite abbiano la destinazione prevista dal codice di Rohan (132) . L'Ordine ha poi il potere-dovere di procedere alla nomina del commendatore prendendo in considerazione innanzi tutto la sequenza prevista dalle tavole di fondazione della commenda (le cui indicazioni sono integrative del procedimento complesso di investitura), ma ben potendo distaccarsi da esse quante volte l'aspirante fosse carente sotto il profilo nobiliare e della suavitas morum (133) . In sostanza il commendatore è un amministratore dei beni commendali e per questo motivo - posta la natura di ente pubblico della commenda - è un pubblico funzionario nell'àmbito dell'ordinamento melitense (134) : le rendite da lui percepite, pertanto, sono una sorta di compenso per l'opera prestata, destinato al proprio mantenimento.
Su queste basi sembra potersi sostenere l'assoluta carenza di giurisdizione dell'ordinamento italiano a conoscere della vicenda, che è interamente attratta all'interno dell'ordinamento melitense (135) : non così ha opinato la giurisprudenza, la quale ha distinto vari profili. La giurisdizione italiana sussisterebbe per quanto attiene alla sequenza successoria prevista nelle tavole di fondazione (136) nonché per ogni altra controversia attinente all'interpretazione delle clausole dell'atto di fondazione (137) e alla loro efficacia e validità (138) . La giurisdizione melitense, invece, dovrebbe conoscere delle controversie attinenti alla investitura sotto il profilo nobiliare e della moralità.
Su queste basi la Corte di cassazione ha qualificato trasferimento mortis causa il conferimento di una commenda al successore-erede a seguito della morte del precedente beneficiario (139) con conseguente assoggettamento all'imposta di successione come se l'investito subentrasse nella medesima posizione del predecessore sulla base della volontà di questi (testamento) o della legge (vocazione legittima) e non già sulla base della volontà dell'Ordine. Se, al contrario, la posizione del commendatore è quella di un amministratore dei beni commendali, la vicenda successoria non è mortis causa, bensì, in ogni caso, inter vivos: all'apertura della successione, infatti, si determina la vacanza dell'organo della persona giuridica e l'Ordine provvede (ai fini della rappresentanza organica) ad una nuova investitura la quale, potendo trarre con sé diritti con contenuto patrimoniale, sarà se del caso soggetta alla imposta di registro (140) ; la morte sembra dunque occasione e non già causa del trapasso (indiretto) nel godimento delle rendite, costituendone presupposto di fatto e non di diritto.



>> Note: <<

(1) CANSACCHI, Malta (Ordine di), in Nss.D.I., X, 1964, 69 ss.; ROSSI E., Ordine di Malta, in N.D.I., X, 1939, 313; BASCAPÈ, Sommario storico del S. M. Ordine di S. Giovanni Gerosolimitano di Malta, Roma, 1949; SCHWARZENBERG, Il Sovrano Militare Ordini di Malta e gli ordini cavallereschi della Santa Sede nella storia del diritto e dell'Oriente Cristiano, in Jus, 1972, 348 ss.; HAFKEMEYER, Der Malteser-Ritter-Orden, in Abhandlungen der Forschungsstelle für Völkerrecht und ausländisches öffentliches Recht der Universität Hamburg, 1956, 47-79, ove una dettagliatissima storia dell'Ordine dalle origini fino al 1954.

(2) CANSACCHI, Istituzioni di diritto internazionale pubblico, Torino, 1967, 68 s.

(3) Cass. 18 marzo 1935, n. 926, in Riv. dir. priv., 1936, II, 201 (e in Foro it., 1935, I, 1485; Giur. it., 1935, I, 1, 415; Dir. eccl., 1935, 242; Riv. dir. intern., 1935, 369; e Temi emil., 1935, I, 1, 297).

(4) Il testo del diploma di Carlo V è riportato (tradotto in italiano) da SAVASTANO, La fine del Principato di Malta, in Rivista araldica, 1932, 372.

(5) PREISER, Malteserorden, in STRUPP-SCHLOCHAUER, Wörterbuch des Völkerrechts, II, Berlin, 1961, 459; GARCÍA CALDERON, La personalidad internacional de la S.M.O. de Malta, in Revista peruana de derecho internacional, 1948, 231.

(6) Si pensi al già citato trattato del 1530 con Carlo V, su cui cfr. HAFKEMEYER, Der Malteser-Ritter-Orden, cit., 69 s. Altro trattato che ancora ai nostri giorni ha dato luogo a vicende giudiziarie è quello del 16 gennaio 1588 intercorso tra l'Ordine, la Repubblica di Venezia e il cardinale Federico Cornaro, con cui a quest'ultimo fu intitolata una commenda, detta di S. Giovanni del Tempio, in Treviso, in risarcimento dei beni perduti a Cipro, in seguito all'occupazione dell'isola da parte dei Turchi. Cfr. App. Venezia 16 dicembre 1964, in Corti Br. V., 1965, 604 ss., con nota di Valsecchi, nonché la successiva Cass. 4 luglio 1969, n. 2469, in Rivista araldica, 1969, 298 ss., con nota di PEZZANA, La Commenda di S. Giovanni del Tempio in Treviso.

(7) SPERDUTI, Sulla personalità internazionale dell'Ordine di Malta, in Riv. dir. intern., 1955, 50; HAFKEMEYER, op. cit., 124.

(8) Sull'intera questione nonché, più in generale, sulla situazione dell'Ordine dopo la caduta di Malta, è fondamentale l'opera, documentatissima, di DE PIERREDON, Histoire politique de l'Ordre Souverain des Hospitaliers, depuis la chute de Malte jusqu'à nos jours2, Paris, I, 1956: II, 1963 (fino al 1830).

(9) Nel 1807 il Re di Svezia offrì la cessione dell'isola di Gotland; al Congresso di Verona si pensava di cedere all'Ordine una delle Isole Ionie; il 18 luglio 1823 fu stipulato con il governo insurrezionale greco un trattato che prevedeva la cessione delle isole di Rodi, Scarpanto, Stampalia e le loro dipendenze. Successivamente vi furono trattative con il governo napoletano per la cessione dell'isola di Ponza e con l'Austria per la cessione di una delle isole della Dalmazia. Sul punto cfr. VISCONTI,La sovranità dell'Ordine di Malta nel diritto italiano, in Riv. dir. priv., 1936, II, 202 ss.; BISCOTTINI, Sui rapporti fra l'Ordine di Malta e la S. Sede, in Archivio storico di Malta, 1941, 9 ss.; HAFKEMEYER, op. cit., 74 ss.

(10) D'OLIVIER FARRAN, The sovereign Order of Malta in international Law, in Intern. Law Quart., 1954, 223.

(11) È la tesi di VON DER HEYDTE, Völkerrecht, I, Köhln, 1958, 206, e del Trib. Roma 3 novembre 1954, in Giur. it., 1955, I, 2, 737 ss., annotata criticamente da CANSACCHI, Il fondamento giuridico della soggettività internazionale del Sovrano Ordine Militare di Malta. Contra anche D'OLIVIER FARRAN, op. cit., 226; HAFKEMEYER, op. cit., 124 s.

(12) L'alternativa è posta da D'OLIVIER FARRAN, op. cit., 222 ss.

(13) Sembra non tenere conto di ciò BISCOTTINI, Sui rapporti, cit., 7 ss., il quale propende per l'ipotesi di rapporti internazionali tra Ordine e Papato solo imputabili allo Stato maltese e non all'Ordine Stesso in quanto tale.

(14) VISCONTI, op. cit., 197; D'OLIVIER FARRAN, op. cit., 224; SEVERI, Alcune osservazioni in merito all'attuale situazione giuridica del Sovrano Militare Ordine di Malta, Rovigo, 1970, 2.

(15) È pacifico che l'assenza di territorio non è incompatibile con il riconoscimento di sovranità; non ne teneva conto SALVINI, Nota a Cass. 18 marzo 1935, n. 926, in Giur. it., 1935, I, 1, 416, il quale è l'unico autore che ha usato questo argomento per negare la sovranità dell'Ordine, in quanto sussisterebbe una «incompatibilità di simile attributo con la mancanza di territorio».

(16) BISCOTTINI, Sulla condizione giuridica dell'Ordine di Malta, in Archivio storico di Malta, 1939, 13; BREYCHA-VAUTHIER, Der Malteser-Orden im Völkerrecht, in Ost. Z. öff. R., 1950, 402.

(17) Lo rileva CANSACCHI, La sovranità dell'Ordine di Malta, in Rel. intern., 1975, IX, 205. Conf. BALLADORE PALLIERI, Diritto internazionale pubblico, Milano, 1962, 122; D'OLIVIER FARRAN, op. cit., 224: «The Order is not and never has been, in any sense, an organ of the States from which its member-knights are drawn».

(18) Santi ROMANO, Corso di diritto internazionale, Padova, 1939, 69 s., il quale osserva come la personalità sui generis dell'Ordine «è un residuo della sua antica sovranità territoriale e ha per titolo l'indipendenza, che si conserva anche ora, della sua organizzazione interna». Cfr. anche Cass. 25 luglio 1964, n. 2056 in Foro it., 1964, I, 1578 ss.; CANSACCHI, L'Ordine di Malta e l'ordinamento giuridico melitense, in Foro pad., 1964, I, 1371 ss.; WENGLER, Völkerrecht5, I, Berlin-Göttingen- Heidelberg, 1964, 292 nt. 2 (peraltro con perplessità); VERDROSS, Völkerrecht, Wien, 1964, 213; HAFKEMEYER, op. cit., 98 ss.; WALDSTEIN-WARTENBERG, Rechtsgeschichte des Malteserordens, Wien, 1969, 13 ss. Contra, BERNARDINI, Ordine di Malta e diritto internazionale, in Riv. dir. intern., 1967, 497 ss.

(19) Nel 1951 insorse controversia (vedine la notizia in Dir. eccl., 1951, I, 246 ss.) «originata dalla pretesa della Sacra Congregazione dei Religiosi di controllare ed investigare l'Istituzione Gerosolimitana, come un comune ordine religioso» (CANSACCHI, La «dipendenza» dell'Ordine di Malta dalla Santa Sede, in Ann. dir. intern., 1954, 3). L'Ordine, con istanza diretta al Papa, richiese un giudizio che fu reso da uno speciale tribunale cardinalizio istituito dal Sommo Pontefice con chirografo del 10 dicembre 1951 (in Dir. eccl., 1953, II, 305). Nella sentenza (in data 24 gennaio 1953) del tribunale (ivi, 307 ss. e in CANSACCHI, La soggettività internazionale dell'Ordine di Malta in una recente sentenza ecclesiastica, in Riv. dir. intern., 1955, 39 ss.) furono definiti i rapporti tra Ordine e S. Sede nonché la determinazione delle qualifiche di «sovrano» e di «religioso» e i rispettivi àmbiti di competenza. Circa la «natura della qualità di ordine religioso del medesimo Ordine», la sentenza affermò che «l'Ordine Gerosolimitano di Malta, in quanto composto dei Cavalieri e dei Cappellani, di cui agli art. 4 e 9 del Titolo I delle Costituzioni (del 1936, il cui art. 4 fa riferimento ai Cavalieri professi) è una Religione e più precisamente un Ordine religioso, approvato dalla S. Sede»; affermò inoltre che «gli insigniti di onorificenze dell'Ordine e le sue Associazioni dipendono dall'Ordine, e per esso, dalla S. Sede». In data 12 marzo 1953 l'Ordine comunicò alla Segreteria di Stato di S. Santità, per via diplomatica, l'accettazione del giudicato cardinalizio «condizionata» all'accoglimento di una «specifica interpretazione» in tre punti, di cui il secondo affermava che «la natura religiosa dell'Ordine è limitata ai Cavalieri professi e ai Cappellani che la compongono» (cfr. CANSACCHI, La soggettività, cit., 42 n. 2). La S. Sede, sempre in via diplomatica, comunicò di aver «preso nota di quanto è stato scritto». L'intera documentazione è in HAFKEMEYER, op. cit., 107 ss.
Sulla questione cfr. anche infra, § 3, in specie per quanto riguarda la sovranità dell'ordine.

(20) Non tiene conto di questa realtà, ancorato ad un passato che non trova oggi alcun riscontro, ZEININGER DE BORJA, L'Ordre de Saint-Jean et ses affiliés, in Dir. eccl., 1954, I, 316 ss., puntualmente criticato da D'OLIVIER FARRAN, The sovereign Order of Malta; a supplementary note, in Intern. Law Quart., 1955, 308 s.

(21) Cfr. Cass., sez. un., 18 febbraio 1916, in Giur. it., 1916, I, 1, 616.

(22) Su cui cfr. ZEININGER DE BORJA, La charte constitutionnelle provvisoire de l'Ordre de Saint-Jean, in Dir. eccl., 1959, I, 253 ss.; D'ESZLARY, La situation juridique de l'Ordre de Malte et ses rapports avec le Saint-Siège d'après sa nouvelle Charte Constitutionnelle, in Rev. dr. intern. sc. dipl. pol., 1960, 298 ss.; COSTARELLA, La Carta costituzionale del Sovrano Militare Ordine ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme, detto di Rodi, detto di Malta, in Dir. eccl., 1957, 116 ss.; BREYCHA-VAUTHIER, Renouveau de l'Ordre Hospitalier de St. Jean dit de Malte, in Z. ausl. öff. R.VR., 1957, 103 ss. Va rilevato che tutte le perplessità espresse da questi autori, anche sulla continuità, da parte dell'Ordine, nel godimento delle prerogative sovrane, sono state superate dalla Costituzione del 1961, che, come si vedrà (infra, § 3), ha molto chiaramente ribadito la possibilità di coesistenza della qualità sovrana con quella religiosa.
Sulle costituzioni del periodo maltese, cfr. COSTARELLA, Un interessante documento del 1792 sugli Statuti del Sovrano Militare Ordine di Malta, in Foro it., 1954, IV, 239 ss.; ID., Il governo dell'Ordine Gerosolimitano nei suoi organi costituzionali, statuti e leggi, in Dir. eccl., 1955, 295 ss.

(23) Sul punto cfr. GAZZONI T. M., L'Ordine di Malta e la sua Carta Costituzionale, Roma, 1973, 14 s. Attualmente «lo status nobiliare non è condizione per l'accesso ad alcuna carica dell'Ordine, eccetto quella di Gran Maestro per la quale l'art. 13 § 2 della Carta Costituzionale richiede i requisiti nobiliari necessari per il ceto dei cavalieri di onore e devozione» (PEZZANA, L'Ordine di Malta come comunità umana, in Responsabilità e dialogo, 1971, II. 4, 32).

(24) Sul punto, con una chiara distinzione rispetto ai semplici decorati, CANSACCHI, Malta (Ordine di), cit., 71.

(25) Cfr. PEZZANA, L'ordine di Malta, cit., 30 ss.

(26) All'interno della seconda e terza classe i cavalieri si distinguono non per i diritti e doveri, ma per i requisiti nobiliari, le cui prove, peraltro, variano nelle diverse associazioni nazionali: cfr. PEZZANA, op. ult. cit., 31 n. 5.

(27) Cfr. CANSACCHI, La soggettività internazionale dell'Ordine di Malta e i suoi riflessi nell'ordinamento amministrativo italiano, in Atti del convegno di Benevento sugli Ordini cavallereschi, Roma, 1971, 54.

(28) Cfr., al riguardo, BARRERA, Note sulle immunità spettanti alla rappresentanza diplomatica presso la S. Sede del S.M. Ordine di Malta, in Dir. eccl., 1952, II, 575 ss., annotando in senso contrario Pret. Roma 13 maggio 1949, la cui motivazione si basava, peraltro, sull'assenza, all'epoca, dei tribunali magistrali.

(29) App. Roma 23 gennaio 1978, in Giur. it., 1979, I, 2, 109, con nota adesiva di COMBA, Delibazione di sentenza emanata da giurisdizioni di enti internazionali non territoriali, e in Riv. dir. intern. priv. proc., 1978, 392 ss., con nota adesiva di CANSACCHI, Delibazione di sentenza di Ente «sovrano» non territoriale, ivi, 332 ss. In dottrina, in senso contrario, JEMOLO, Il cavaliere inesistente, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1979, 803 ss., argomentando dall'assenza di territorio in sovranità. Più in generale ritengono che siano delibabili solo sentenze di organi giudiziari di Stati, fra gli altri, MONACO, Il giudizio di delibazione, Padova, 1940, 20; MORELLI, Diritto processuale civile internazionale, Padova, 1954, 305; VITTA, Corso di diritto internazionale privato e processuale, Torino, 1976, 78.

(30) Cfr. GAZZONI T. M., Il diritto «melitense», in Z. ausl. öff. R.VR., 1957, 117 ss.

(31) GAZZONI T. M., Postilla a COMBA, Rilevanza nell'ordinamento interno italiano delle attività pubblicistiche esplicate nell'ordinamento melitense, in Giur. it., 1965, I, 1, 420 ss.

(32) Sul punto cfr. assai chiaramente, Cass. 18 marzo 1935, n. 926, cit., in Riv. dir. priv., 1936, II, 196 ss.; PEZZANA, Imposta di successione e commende melitensi, in Foro it., 1964, I, 2054 ss.

(33) In particolare le commende di giuspatronato familiare (o di grazia) sono enti sui generis, che si distinguono sia dal fedecommesso, sia dal beneficio ecclesiastico: cfr. Cass. Firenze 19 marzo 1888, in Temi ven., 1888, 178; App. Venezia 11 agosto 1892, ivi, 1892, 610; Cass. 18 marzo 1935, n. 926, cit.; Cass., sez. un., 26 giugno 1945, in Dir. eccl., 1944-1945, 155.

(34) Cfr. ASTORRI, Il Sovrano Ordine Militare di Malta e le sue commende familiari nel diritto italiano, Roma, 1930, 16 ss.; VISCONTI, La sovranità dell'Ordine di Malta, cit., 209; Cass. Napoli 9 aprile 1874, in La giurisprudenza italiana in materia internazionale 1861-1890, sez. A. Diritto internazionale, I, Napoli, 1973, 670 ss.; Cass., sez. un., 18 febbraio 1916, citata supra, nt. 21.

(35) BISCOTTINI, Sui rapporti, cit.; CANSACCHI, La personalità di diritto internazionale del S.M.O. Gerosolimitano detto di Malta, in Dir. eccl., 1936, 95 ss.; ID., La soggettività, cit., 39 ss.; GUIDI, Caratteri e prerogative del Sovrano Militare Ordine Gerosolimitano di Malta, in Dir. eccl., 1953, II, 334 ss.; PACELLI, Circa il Sovrano Militare Ordine Gerosolimitano di Malta ivi, 308 ss.; BREYCHA-VAUTHIER e POTULICKI, The Order of St. John in international Law. A forerunner of the Red Cross, in Am. journ. intern. Law, 1954, 560.

(36) Non tiene conto di questa esigenza D'ESZLARY, La situation juridique, cit., 298 ss.

(37) Cfr. supra, nt. 19.

(38) Così SPERDUTI, Sulla personalità, cit., 52 s.

(39) Così MORELLI, Sul carattere «sovrano» del Sovrano Militare Ordine di Malta (memoria presentata in difesa dell'Ordine innanzi il tribunale cardinalizio), Roma, 1952, 9 s. Afferma l'originarietà dell'ordinamento melitense per il profilo secolare CANSACCHI, Lo status dell'Ordine di Malta sul fondamento della sentenza cardinalizia del 24 gennaio 1953, in Dir. eccl., 1953, 410 ss.; ID., L'Ordine di Malta e l'ordinamento giuridico melitense, cit., 1375.

(40) Erroneamente in tal senso, invece, QUADRI, Diritto internazionale pubblico, Napoli, 1968, 506, il quale non tiene in alcun conto la realtà storica al fine di poter affermare l'assenza di ogni autonomia dell'Ordine pur nelle vicende di carattere secolare.
Correttamente, invece, Cass. 18 marzo 1935, n. 926, citata supra, nt. 3.

(41) Così, invece, BISCOTTINI, Sui rapporti, cit., passim; GUIDI, lc. cit.; PACELLI, lc. cit.; SPERDUTI, op. cit., 54. Nel senso del testo soprattutto CANSACCHI, Lo status, cit., 413 ss.; ID., I rapporti diplomatici tra l'Ordine di Malta e la S. Sede, in Dir. eccl., 1941, 3 ss.; BREYCHA-VAUTHIER, Der Malteser-Orden, cit., 409.

(42) CANSACCHI, Lo status, cit., 406.

(43) In verità pur se l'ordinamento melitense non dovesse essere ritenuto originario, nei confronti dell'ordinamento canonico, in tale veste potrebbe invece presentarsi di fronte all'ordinamento internazionale e degli altri Stati (LENER, L'Ordine di Malta dopo il giudicato cardinalizio, Roma, 1955, specialmente 74) nei limiti in cui peraltro sussista una effettiva autonomia (SPERDUTI, op. cit., 55; CANSACCHI, L'immunità giurisdizionale dell'Ordine di Malta, in Giur. it., 1954, I, 1463 s.; ID., Lo status, cit., 403; ID., La personalità, cit., 98 ss., con ampia motivazione).

(44) Nel giudizio innanzi il tribunale cardinalizio, il promotore di giustizia aveva paragonato i rapporti tra Ordine e S. Sede a quelli a suo tempo esistenti tra l'Impero britannico e la Compagnia delle Indie (OTTAVIANI, Circa il S.M.O. Gerosolimitano - Animadversiones e voto dell'Ecc.mo Promotore di Giustizia, Città del Vaticano, 1952, 40). Contra, CANSACCHI, La «dipendenza» dell'Ordine di Malta dalla Santa Sede, in Ann. dir. intern., 1954, 63; ID., Lo status, cit., 404. Già così BISCOTTINI, Sulla condizione giuridica, cit., 10 s. Conf. D'OLIVIER FARRAN, The sovereign, cit., 229 ss., il quale sostiene che «the Order's spiritual dependence on the papacy is undoubted. But in the same sense it might be said that, e.g., the Spanish or Irish Republican governments are spiritually dependent on the Holy See [...]. We may concluse that the spiritual bonds which unite the Order with the Roman Cattolic Church and consequently subject its members to the authority of the Holy See are in no way incompatible with its status as a distinct international persons.

(45) È la tesi esposta da CANSACCHI, La «dipendenza», cit., 66 ss.; ID., Lo status, cit., 403 ss. Così anche BREYCHA-VAUTHIER e POTULICKI, The Order, cit., 560, i quali rilevato che «the relationaly between the Pope and the Grand Master has never been clear» affermano che il Papa «acted, at various times in the latter's development, as a protector or spiritual trustee of its aims».

(46) CANSACCHI, Lo status, cit., 414 s.

(47) Così invece BISCOTTINI, Sulla condizione, cit., 11, il quale infatti nega che tra i due enti sussistano rapporti di carattere internazionale. L'opinione è stata anche espressa da MORELLI, op. cit., 3 ss., come tesi difensiva subordinata.

(48) Lo rileva BISCOTTINI, lc. ult. cit.

(49) Si pensi ad esempio al Brasile, il cui riconoscimento fu contemporaneo all'inizio della controversia (cfr. Dir. eccl., 1952, I, 248).

(50) Cfr. Cass., sez. un., 14 luglio 1953, n. 2281; App. Roma 23 luglio 1952, nel cui giudizio il difensore della controparte aveva espressamente dedotto, come argomento per negare la sovranità dell'Ordine, l'esistenza del giudizio innanzi il tribunale dei cardinali; Trib. Roma 3 novembre 1954, cit., in Giur. it., 1955, I, 2, 743, il quale, a sostegno della riaffermata personalità internazionale dell'Ordine, rilevò come «il Sovrano Militare Ordine di Malta, ha, di recente, rivendicato la propria sovranità persino nei confronti del Sommo Pontefice e della Santa Sede, dei quali pur riconosce, sottomettendovisi, l'Alta Sovranità Spirituale».

(51) Da questo punto di vista, cfr., in particolare, D'AVACK, La figura giuridica dell'Ordine di Malta sulla base del recente giudicato pontificio e le sue conseguenze nel campo del diritto, in Foro it., 1954, IV, specialmente 10 ss.; SPERDUTI, Sulla personalità, cit., 54 s.; BALLADORE PALLIERI, Diritto internazionale pubblico, cit., 123; BREYCHA-VAUTHIER e POTULICKI, The Order, cit., 562 s.; CANSACCHI, op. ult. cit., 415, ritiene che la «dannosità» della sentenza sia non tanto nel contenuto, quanto nella «riaffermazione ufficiale di una situazione di dipendenza».

(52) Così specialmente D'AVACK, op. cit., 9 ss.; D'ESZLARY, La situation, cit., specialmente 307 ss.

(53) CANSACCHI, La soggettività internazionale dell'Ordine di Malta, cit., 39 ss.

(54) Che fu condizionata all'accettazione di una data interpretazione in tre punti. L'accettazione intervenne, da parte della S. Sede, che prese atto della nota interpretativa: su questa vicenda, essenziale per comprendere l'effettiva portata del giudicato cardinalizio, cfr., per i fatti, D'AVACK, op. cit., 7, la cui valutazione giuridica non è condivisa (giustamente, a nostro avviso) da CANSACCHI, op. ult. cit., 43.

(55) Lo rileva SCIALOJA A., Postilla a D'AVACK, op. cit., in Foro it., 1954, IV, 14.

(56) CANSACCHI, Lo status, cit., 398 ss.; BREYCHA-VAUTHIER, L'Ordre S.M. Jérosolymitain de Malte, in Z. ausl. öff. R. VR., 1955, 508 ss.

(57) Erra dunque BREYCHA-VAUTHIER, op. ult. cit., 509 n. 28, 510, quando afferma trattarsi di «sovranità limitata»; la stessa espressione ricorre in GUIDI, Caratteri e prerogative, cit., 343 s., il quale, peraltro, sembra usarla riferendosi alle organizzazioni internazionali o enti nati da accordi particolari; l'autore ritiene che la sentenza abbia sostenuto l'esistenza nell'Ordine di una «sovranità limitata dalla sua stessa natura» (p. 345), ciò che non è anche perché le limitazioni sono in fatto e non in diritto.

(58) Parla di una personalità sui generis SCIALOJA A., lc. cit. Espressamente contra ARANGIO-RUIZ G., Gli Enti soggetti dell'ordinamento internazionale, Milano, 1951, 405 s.; ID., Sulla dinamica della base sociale nel diritto internazionale, Milano, 1955, 19 ss.

(59) La sentenza è riportata da D'AVACK, lc. ult. cit. Cfr. anche infra, nt. 101.

(60) Cfr., per tutti, MONACO, L'immunità giurisdizionale delle istituzioni specializzate delle Nazioni Unite, in Riv. dir. intern., 1953, 475.

(61) Così, invece, BERNARDINI, Ordine di Malta, cit., 505. Secondo BREYCHA-VAUTHIER, op. ult. cit., 510, 512, l'espressione significherebbe un generale potere di controllo della S. Sede sull'Ordine. Nettamente contra HAFKEMEYER, Der Malteser-Ritter-Orden, cit., 115.

(62) DIENA, La Santa Sede e il diritto internazionale dopo gli accordi Lateranensi dell'11 febbraio 1929, in Riv. dir. intern., 1929, 186; ANZILOTTI, La condizione giuridica internazionale della S. Sede in seguito agli accordi del Laterano, ivi, 165; BREYCHA-VAUTHIER, op. ult. cit., 512.

(63) MORELLI, Il trattato fra l'Italia e la Santa Sede, in Riv. dir. intern., 1929, 217.

(64) JEMOLO, Carattere dello Stato della Città del Vaticano, in Riv. dir. intern., 1929, 195.

(65) JEMOLO, op. cit., 196. La stessa espressione è usata da BISCOTTINI, Sulla condizione giuridica, cit., 14 s., con riferimento ai possedimenti territoriali dell'Ordine in Rodi e Malta.

(66) Il problema si pose all'epoca della controversia con la S. Congregazione dei religiosi: cfr. D'AVACK, op. cit., 8; PACELLI, op. cit., 327.

(67) Molto puntualmente ARANGIO-RUIZ G., Gli Enti soggetti, cit., 405 s., rileva come l'Ordine di Malta e gli altri enti diversi dagli stati «non costituiscono dei soggetti diversi per destinazione giuridica dell'ordinamento internazionale, ma soltanto soggetti più o meno diversi per gli interessi concreti ideali o materiali che perseguono e per le attività spirituali o pratiche che svolgono. Il che non toglie, d'altra parte, che le situazioni d'inidoneità in cui i soggetti si trovino debbano qualificarsi come «incapacità», analoghe a quelle che derivano per gli individui dall'età minore o da deficienze fisiche o psichiche (cioè sempre materiali) d'altra natura».

(68) Cfr. infra, nt. 101 e 116, con riguardo all'accordo internazionale con l'Argentina, su cui Cass., sez. un., 14 luglio 1953, n. 2281, in Foro it., 1954, I, 24 ss. Cfr. inoltre un elenco di trattati internazionali in PEZZANA, Il fondamento giuridico e storico della sovranità dell'Ordine Gerosolimitano di Malta, Roma, s.d., 15 ss., e in CANSACCHI, La sovranità dell'Ordine, cit., 204 s. Nella dottrina straniera, WENGLER, Völkerrecht, I, cit., 292 nt. 2; DAHM, Völkerrecht, I, Stuttgart, 1958, 182; HAFKEMEYER, op. cit., 134 ss.; PRANTNER, Malteserorden und Völkergemeinschaft, Berlin, 1974, 120 ss. cit.

(69) Così, invece, BERNARDINI, Ordine di Malta, cit., 528 ss., il quale ritiene che, a tutto concedere, l'Ordine sarebbe un ente dipendente della S. Sede e dunque godrebbe di una personalità di diritto internazionale diminuita nei confronti degli Stati dai quali riceverebbe un riconoscimento costitutivo, secondo la tesi di Sperduti, su cui v. infra, nt. 75; QUADRI, Diritto internazionale, cit.; SERENI, Diritto internazionale, II, Milano, 1958, 298 ss.; OTTOLENGHI, Diritto internazionale pubblico, Torino, 1953, 80 ss.; BARILE G., I diritti assoluti nell'ordinamento internazionale, Milano, 1951, 362 in nota, in alternativa alla tesi del riconoscimento costitutivo; CONFORTI, Lezioni di diritto internazionale, Napoli, 1976, 13; HOLD VON FERNECK, Lehrbuch des Völkerrechts, I, Leipzig, 1930, 247; MENZEL, Völkerrecht, München-Berlin, 1960, 233.

(70) Lo rileva CANSACCHI, Il fondamento giuridico, cit., 13; ID., Le emissioni postali dell'Ordine di Malta e delle Organizzazioni internazionali, in Dir. intern., 1968, 118 ss.

(71) Così CANSACCHI, La personalità di diritto internazionale, cit., 100; ID., Il fondamento giuridico, cit., 14.

(72) In questa direzione GUIDI, Caratteri e prerogative, cit., 334 ss.; BREYCHA-VAUTHIER, L'Ordre S.M. Jérosolimitain, cit., 501; Cass. 18 marzo 1935, in Giur. it., 1935, I, 1, 415 ss., con nota giustamente critica (ma solo sul punto) di Salvini (citata supra, nt. 15).
La tesi è anche sostenuta da LADOR LEDERER, International non-governament organizations and economic entities, Leyden, 1963, 203 ss., il quale definisce l'Ordine come «the oldest international organization existing [...]. The only one to have tried to establish a contact with the contemporary mouvement of international organization». Conf. BREYCHA-VAUTHIER, Der Malteser-Orden, cit., 401, 404.
Si discute, poi, se l'Ordine faccia parte delle Intergovernamental organizations (IGO) ovvero International non-governamental organizations (NGO), le quali sono «private international non-proflt organization» (ROHN, Relations between the Council of Europe and International non-governamental organizations, Brussels, 1957, 12): la questione è trattata da LADOR LEDERER, op. cit., 203-209; un accenno in SPERDUTI, Sulla personalità, cit., 50 s.
Un accostamento tra l'Ordine, da un lato, e la Società delle nazioni e il Tribunale arbitrale dell'Aia, dall'altro, è in ASTORRI, Nota a Cass. 18 marzo 1935, cit., in Dir. eccl., 1935, II, 242.

(73) Sul punto chiaramente MOSLER, Réflexions sur la personnalité juridique en droit international public, in Mélanges offerts a Henri Rolin, Paris, 1964, 244 ss. Più in particolare, cfr. CANSACCHI, L'Ordine di Malta e l'ordinamento, cit., 1375, nonché per un'applicazione concreta del principio in materia di esonero dalla giurisdizione, ID., L'immunità giurisdizionale dei negozi di pubblico impiego costituiti in Italia dall'Associazione dei Cavalieri italiani del Sovrano Ordine di Malta (A.C.I.S.M.O.M.), in Giur. it., 1975, I, 1, 489 ss.

(74) Così CANSACCHI, Le emissioni postali dell'Ordine di Malta, cit., 116 s. Spesso in dottrina ricorre un parallelismo tra l'Ordine e la S. Sede sia perché entrambi sono enti di diritto internazionale non territoriale e dunque diversi dagli Stati sia anche per i fini perseguiti che sono di natura ideale e non strettamente politica: così, per tutti, ARANGIO-RUIZ, Gli Enti soggetti, cit., 401 ss.; BALLADORE PALLIERI, Diritto internazionale pubblico, cit., 121 ss.; HOLD-FERNECK, Lehrbuch, I, cit., 200; WENGLER, Völkerrecht, cit., 291 s.

(75) SPERDUTI, Sulla personalità internazionale, cit., 48 ss. Naturalmente il riconoscimento avrebbe di conseguenza carattere costitutivo; così anche BELLINI, Il principio generale dell'effettività nell'ordinamento internazionale, il Anr. dir. comp., 1951, XXVII, 270 e ivi nt. 50; BREYCHA-VAUTHIER, L'Ordre, cit., 502; ID., Renouveau, cit., 103; GUGGENHEIM, Lehrbuch des Völkerrechts trad. francese, I, Genève, 1954, 489 n. 3; VERDROSS, Völkerrecht, Wien, 1937, 65 (questo autore nell'ed. del 1964 citata supra, nt. 18, ha invece mutato avviso ed espressioni; ed. del 1937: l'Ordine è «noch einzelnen Völkerrechtsubjekten geglaubigt»; ed. del 1964: l'Ordine è «souveränen geblieben, da er eine eigene Rechtsordnung (mit Gesetzgebung, Verwaltung und Rechtsprechung) besitzt, die von den anderen VRSubjekten unabhängig ist»); WENGLER, Völkerrecht, I, cit., 165, il quale parla di «Anerkennung des Malteserordens seitens der einzelnen Staaten».

(76) CANSACCHI, op. ult. cit., 117 s.

(77) Essa è sostenuta, oramai in forma consolidata, dalla giurisprudenza italiana in tutte le decisioni richiamate nella presente trattazione (a cui adde: Trib., Salerno 16 maggio 1972, in Riv. dir. intern. priv. proc., 1973, 132 ss.). Le motivazioni, nelle sentenze successive al 1948, si richiamano all'art. 10 cost.: così, da ultima, Cass., sez. un., 6 giugno 1974, n. 1653, ove si ribadisce che l'Ordine riceve il medesimo trattamento degli Stati, al quale è equiparato.
In dottrina la tesi è sostenuta in maniera particolarmente articolata da CANSACCHI, in tutte le opere citate. Cfr. inoltre, sia pure con varie sfumature e con varie motivazioni e a volte senza una espressa affermazione, ARANGIO-RUIZ, Gli Enti soggetti, cit., 405; ID., Sulla dinamica, cit., 99 ss.; BALLADORE PALLIERI, Diritto internazionale pubblico, cit., 122 ss.; BISCOTTINI, Sulla condizione giuridica, cit., 12 ss.; ID., Sui rapporti, cit., il quale ritiene peraltro l'ordinamento melitense dipendente da quello canonico; ROSSI, Ordine di Malta, cit.; VISCONTI, La sovranità, cit., 209 ss.; PEZZANA, Il fondamento giuridico, cit., 33 ss.; ID., L'Ordine di Malta, cit., 34 ss.; COMBA, Rilevanza nell'ordinamento interno italiano delle attività pubblicistiche esplicate nell'ordinamento melitense, in Giur. it., 1965, I, 1, 415 ss.; FEDOZZI, Corso di diritto internazionale, Padova, 1931, 429 ss.; ID., Introduzione al diritto internazionale, Padova, 1938, 443 ss. (con qualche perplessità); SCOTTO, Ordine di Malta e giurisdizione dello Stato italiano, in Cons. St., 1968, 4 ss.; ID., Ancora sull'Ordine di Malta e sulla giurisdizione del giudice italiano: in particolare in tema di rapporto d'impiego, ivi, 1975, 6 ss.; ASTORRI, Il Sovrano, cit., 23 ss.; BARRERA, Note sulle immunità, cit., 576 ss.; SEVERI, Alcune osservazioni, cit., 15ss.; PILOTTI, Zur Frage des Völkerrechtssubjectivität des Malteser-Ordens, in Ost. Z. öff. R., 1951, 392 ss.
Nella dottrina straniera, D'OLIVIER FARRAN, The sovereign, cit., 222 ss.; O'CONNEL, International Law, I, London, 1965, 95; DE PIERREDON, Histoire politique, cit., 42; GENET, Malte et son destin, Paris, 1933, 104 ss.; PASINI COSTADOAT, La S.M.O. de Malta y el derecho internacional, in Revista de la facultad de derecho, Buenos Aires, 1952, 527 ss.; GARCÌA CALDERON, La personalidad internacional, cit., 231; PREISER, Malteserorden, cit., 460; VERDROSS, Völkerrecht, cit., 213, ma diversamente nell'ed. citata del 1937, p. 65; MEYER-LINDENBERG, Völkerrecht, Stuttgart-Düsseldorf, 1957, 108; VON DER HEYDTE, Völkerrecht, cit., 206; DAHM, Völkerrecht, cit., 182, secondo cui l'Ordine è appunto «ein selbständiges VRSubjekt ohne eigenes Hoheitsgebiet»; HAFKEMEYER, Der Malteser-Ritter-Orden, cit., passim, specialmente 116 ss.; DEL BALZO, La personalidad internacional de la Orden de Malta, Buenos Aires, 1946, PRANTNER, Malteserorden, cit.

(78) Un esatto inquadramento dell'Ordine è ritenuto essenziale ai fini di stabilire, da un lato, la sua possibilità di partecipazione a conferenza, convenzioni, organizzazioni internazionali. Sul punto cfr. GAZZONI F., L'ordine di Malta, Ente primario di diritto internazionale senza territorio, in Ann. Macerata, nuova sr., 1976, III, 314 s., n. 105, 106 nonché 367 n. 254.

(79) Osserva, in linea di principio, ARANGIO-RUIZ, Gli Enti soggetti, cit., 406, che non esistono «enti diversi dagli Stati nel senso che per essere soggetti essi abbiano bisogno di meno elementi o nel senso che siano autorizzati a svolgere solo certe attività. Storicamente essi potrebbero essere stati, potranno essere o potranno non essere mai uno Stato in senso storico-politico. Giuridicamente, però, essi sono enti soggetti con la capacità corrispondente alle loro attitudini ed attività».
Parimenti esatto è il rilievo di BELLINI, op. cit., 254, secondo cui l'elemento territoriale «non è indispensabile nei casi in cui si abbia la possibilità di una effettiva autonoma organizzazione [...] senza un tale riferimento territoriale (S. Sede, S.M.O.M.)». Conf. CAVAGLIERI, I soggetti del diritto internazionale, in Riv. dir. intern., 1925, 170 e 182 ss., per le conclusioni; VENTURINI, Il riconoscimento nel diritto internazionale, Milano, 1946, 79 s.

(80) BISCOTTINI, Sui rapporti, cit.; D'ESZLARY, La situation juridique, cit., 298 s. Non a caso, come rimedio alla riaffermata dipendenza dalla S. Sede operata dalla sentenza cardinalizia, CANSACCHI,La «dipendenza», cit., 12, indica la riacquisizione di una base territoriale.
È da segnalare l'opinione di PAONE, Ordine di Malta e sistema giuridico internazionale, in Riv. dir. intern., 1979, 233 ss., secondo cui, in sostanza, l'assenza di territorio fa dipendere la realizzazione dei fini dell'Ordine dalla volontà degli Stati «che mettono a disposizione il proprio territorio» (p. 254). Per questo motivo l'autore nega che l'Ordine goda delle prerogative sovrane, evidentemente identificando «sovranità» con «statualità».

(81) BISCOTTINI, Sulla condizione giuridica, cit., 16; SEVERI, Alcune osservazioni, cit., 8 s.; CANSACCHI, Le emissioni postali, cit., 115 s.; VERDROSS, Völkerrecht, cit., 130.

(82) HAFKEMEYER, Der Malteser-Ritter-Orden, cit., 146.

(83) Argentina, Austria, Bolivia, Brasile, Cameroun, Cile, Colombia, Costa Rica, Costa d'Avorio, Cuba, Dahomey, Egitto, El Salvador, Equateur, Etiopia, Gabon, Guatemala, Haiti, Alto-Volta, Honduras, Iran, Italia, Libano, Liberia, Malta, Nicaragua, Niger, Panama, Paraguay, Perù, Filippine, Portogallo, Repubblica dominicana, Santa Sede, San Marino, Senegal, Somalia, Spagna, Togo, Uruguay, Venezuela.

(84) Belgio, Francia, Principato di Monaco, Repubblica federale tedesca, Svizzera. Secondo VERDROSS, Völkerrecht, cit., 213, e HAFKEMEYER, Der Malteser-Ritter-Orden, cit., 141, l'Ordine avrebbe, con la Germania federale, rapporti a livello diplomatico: ma è evidente l'equivoco in cui si è caduti scambiando il delegato per un ambasciatore o inviato straordinario. Correttamente, invece, MENZEL, Völkerrecht, cit., 125.
Sui rapporti con la Francia, cfr., specialmente, DE PIERREDON, Histoire politique, cit., 42 ss. Erroneamente, invece, VERDROSS, lc. ult. cit.; HAFKEMEYER, op. cit., 77.

(85) Delegazione permanente a Ginevra presso: l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR); Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR); Organizzazione mondiale della sanità (OMS); Comitato intergovernamentale per la migrazione europea (CIME); Rappresentanza al Consiglio d'Europa a Strasburgo; UNESCO; Istituto internazionale di diritto umanitario; Associazione per lo studio dei problemi mondiali dei rifugiati (AMR).
I dati sono ricavati dall'Annuaire de l'Ordre Souverain Militaire Hospitalier de Saint-Jean de Jérusalem de Rhodes et de Malte del 1975.
Sul punto cfr. BREYCHA-VAUTHIER, Der Malteser-Orden, cit., 410 ss.; ID., L'Ordre S.M. Jérosolymitain de Malte, cit., 504, 505 nt. 17; HAFKEMEYER, op. cit., 141 ss.

(86) SCHUSGHNIGG, International Law; an Introduction to the Law of Peace, Milwaukee, 1959, 72 s. e ivi nt. 14; SOTTILE, Nota a D'ESZLARY, op. cit., in Rev. dr. intern., 1960, 310.

(87) Cfr. GAZZONI F., L'Ordine di Malta, cit., 329 nt. 151-153.

(88) Tutte queste vicende - così come, in generale, gli affari trattati dall'Ordine con gli Stati - sono notificate mediante scambio di note diplomatiche: cfr. CANSACCHI, La notificazione internazionale, Milano, 1943, 54 s.

(89) Così, CANSACCHI, Il diritto di legazione attivo e passivo dell'Ordine di Malta, in Dir. intern., 1940, 62 ss.; BISCOTTINI, Sui rapporti cit., 5; MARESCA, La missione diplomatica, Milano, 1959, 47, 49 ss.; BREYCHA-VAUTHIER, L'Ordre S.M. Jéèrosolymitain de Malte, cit., 501 s.; D'OLIVIER FARRAN, The Sovereign Order of Malta, cit., 224, 231; BELLINI, op. cit., 270 nt. 50; BALLADORE PALLIERI, Diritto internazionale pubblico, cit., 123; O'CONNELL, International Law, cit., 95 s., 349; MIELE M., Principi di diritto internazionale, Padova, 1960, 78. Secondo BERBER, Lehrbuch des Völkerrechts, I, München-Berlin, 1960, 168, l'Ordine «von einer Reihe katholischer Staaten eine Reihe diplomatischer Privilegium und immunitäten gewährt werden»; DAHM, Völkerrecht, I, cit., 182, 313 nt. 15; VON DER HEYDTE, Völkerrecht, cit., 206; VERDROSS, Völkerrecht, cit., 213, afferma decisamente che «der Orden hat also sowohl ein actives, wie auch ein passives Gesandtschaftsrecht»; Santi ROMANO, Corso di diritto internazionale, cit., 70; HAFKEMEYER, Der Malteser-Ritter-Orden, cit., 146 ss.
In giurisprudenza, Corte suprema ungherese 12 maggio 1943, in Am. journ. intern. Law, 1949, 53 (caso n. 798) (riferita da ARATÒ, Hungarian jurisprudence relating to the application of international Law by national courts) la quale dichiarò il difetto di giurisdizione riguardo ad un'azione per risarcimento iniziata contro il rappresentante dell'Ordine, avendo il Ministero degli esteri ungherese attestato circa il godimento, da parte di quest'ultimo, delle immunità diplomatiche.

(90) QUADRI, Diritto internazionale pubblico, cit., 506; BERNARDINI, Ordine di Malta, cit., 508 n. 19, 542 n. 48; sostanzialmente conf. GRAHAM, Vatican diplomacy, Princeton, 1959, 13.

(91) Così BERNARDINI, op. cit., 551.

(92) CANSACCHI, Il diritto di legazione, cit., 64. Cfr. inoltre i dati riportati in GAZZONI F., L'Ordine di Malta, cit., nt. 174, 176, 183, 187, 189.

(93) Lo rileva CANSACCHI, op. ult. cit., 65.

(94) Così CANSACCHI, op. ult. cit., 67 e ivi nt. 1; MALINTOPPI, Diplomatici agenti (diritto internazionale), in questa Enciclopedia, XII, 595 s. Ma, diversamente cfr. l'art. 38 della Convenzione di Vienna.

(95) MALINTOPPI, op. cit., 596 s. Cfr. anche l'art. 32 della Convenzione di Vienna.

(96) Cfr. GAZZONI F., op. cit., nt. 194, 195, 196.

(97) Situazione prevista anche dall'art. 5 § 1 della Convenzione di Vienna.

(98) Cfr. BREYCHA-VAUTHIER, Der Malteser-Orden, cit., 409; VERDROSS, Völkerrecht, cit., 253; ACCIOLY, Traité de droit international public, trad. francese, I, Paris, 1940, 408 nt. 1; CANSACCHI, Il diritto di legazione, cit., 68 ss.; ID., I rapporti diplomatici tra l'Ordine di Malta e la S. Sede, in Dir. eccl., 1941, 3 ss.; HAFKEMEYER, Der Malteser-Ritter-Orden, cit., 115 s. Contra, BISCOTTINI, Sui rapporti, cit., specialmente 11; BERNARDINI, Ordine di Malta, cit., 497 ss.; GUIDI, Caratteri e prerogative, cit., 334 ss.; PACELLI, Circa il Sovrano Ordine Gerosolimitano di Malta, cit., 308 ss.

(99) Tutti i provvedimenti amministrativi e legislativi a riguardo sono riportati in allegato da ASTORRI, Il Sovrano Ordine, cit., con adesione integrale alla tesi del riconoscimento della sovranità. Li discute, con adesione più meditata e con qualche distinguo, CANSACCHI, L'Ordine di Malta e le sue commende familiari nell'ordinamento giuridico italiano, in Temi emil., 1935, 297 ss.

(100) È questa una delle forme tipiche di conclusione dei trattati internazionali; in particolare «lo scambio di note non viene per lo più ratificato, ma entra in vigore al momento del suo accadimento» (CANSACCHI, Istituzioni di diritto internazionale pubblico, cit., 249). Cfr. supra, nt. 88.

(101) Circa il carattere internazionale dell'accordo cfr. quanto riportato in GAZZONI F., L'Ordine di Malta, cit., 301 nt. 66.

(102) GAZZONI F., op. cit., nt. 67. Secondo BISCOTTINI, Diritto amministrativo internazionale, II, Padova, 1966, 416 nt. 164, l'accordo sarebbe innovativo e avrebbe dunque richiesto una legge di esecuzione.

(103) Viene, così, a cadere la tesi della concessione graziosa e di favore sostenuta tra gli altri da BERNARDINI, Ordine di Malta, cit., passim, secondo il quale l'Italia avrebbe in tal modo operato riconoscimenti di puro diritto interno.

(104) Diversamente CANSACCHI, La soggettività internazionale dell'Ordine di Malta e i suoi riflessi, cit., 55.

(105) Diversamente CANSACCHI, lc. ult. cit.

(106) Cfr. Cass. 3 maggio 1978, n. 2051, in Giur. it., 1979, I, 1, 90 ss., con nota adesiva di CANSACCHI, Esenzione fiscale per i negozi «funzionali» dell'Ordine di Malta.

(107) Art. 3 dell'accordo di base, che riconosce anche le immunità diplomatiche delle sedi dell'Ordine, di cui, peraltro, queste già godevano: cfr. LAMPERT, Die souveräne Stellung des Malteserordens, Berna, 1926, 12; VON DER HEYDTE, Völkerrecht, cit., 206.

(108) Cons. St., sez. III, parere 24 novembre 1959, n. 904, in Cons. St., 1960, I, 1056.

(109) In Riv. fisc., 1961, 446 s.

(110) CANSACCHI e GORINO CAUSA, Onorificenze, in Nss.D.I., XI, 1957, 946.

(111) L'importanza del riconoscimento è rilevato da CANSACCHI, L'Ordine di Malta e le sue commende, cit. Sulle decorazioni dell'Ordine e sulla loro rilevanza in Italia, cfr. BISCOTTINI, Diritto amministrativo, cit., I, 1964, 399 e ivi richiami.

(112) Cfr. Le leggi, 1947, 462 sub A.

(113) Trib. Roma 30 luglio 1947 (ined.).

(114) Trib. Roma 24 giugno 1957, in Temi rom., 1957, 394 ss. (e in Dir. lav., 1957, II, 486; Mass. giur. lav., 1957, 10); Trib. Roma 27 maggio 1959 (ined.).

(115) Per un esempio di attività considerata di carattere privato, e, dunque, soggetta alla giurisdizione italiana, cfr. Trib. Roma 17 giugno 1952, in Ann. dir. intern., 1952, 176.

(116) Cfr. sul punto, con affermazione di principio circa la rilevanza del profilo internazionalistico, Cass. sez. un., 14 luglio 1953, n. 2281, cit.; vedila anche in Giur. it., 1954, I, 1, 162 ss., con nota sostanzialmente favorevole di CANSACCHI, L'immunità giurisdizionale, cit., e in Foro pad., 1954, I, 247 ss., con nota contraria di BISCOTTINI, Trattati internazionali di vendita e giurisdizione interna, il quale rileva come la Corte pur affermando la rilevanza in principio della natura internazionale della vicenda commerciale, ne abbia poi omesso, in concreto, l'indagine.
La sentenza è pubblicata anche in Revue critique de droit international privé, 1954, 159 ss., con nota di CANSACCHI, il quale puntualizza meglio questo rilevante profilo della fattispecie (cfr. specialmente p. 164).
Si noti che questa sentenza ha in fatto riconosciuto - come d'altra parte i suoi commentatori - l'esistenza in capo all'Ordine del ius contrahendi in campo internazionale.

(117) Cfr. Trib. Roma 3 novembre 1954, citata supra, nt. 11, con riguardo alla notifica di un atto amministrativo, ma generalizzando il procedimento; conf. CANSACCHI, Il fondamento giuridico, cit., specialmente 21 e ivi nt. 17; circ. Ministero di grazia e giustizia 17 settembre 1957, n. 7/247/3478.

(118) Cfr. supra, nt. 101.

(119) Contra, BERNARDINI, op. ult. cit., 500, 552 ss.

(120) In tal senso CANSACCHI, Le emissioni postali dell'Ordine di Malta, cit., 111 ss., in cui una analitica replica alle obiezioni di Bernardini.

(121) Trattasi di un vero e proprio pactum de contrahendo: così Cons. St., sez. II, parere 22 maggio 1973, n. 710; contra, BERNARDINI, Ordine di Malta, cit., 559.

(122) Analiticamente trattati dal Consiglio di Stato nel parere citato, con riguardo alle disposizioni dell'UPU e della legge postale italiana.

(123) L'iter di ratifica, al momento, non è peraltro completato, perché il decreto del Presidente della Repubblica non è stato ancora registrato alla Corte dei Conti.
La circolazione postale è dunque (ancora) limitata alle sedi dell'Ordine (via Condotti e Aventino, in Roma) nonché al territorio degli Stati che hanno stipulato apposita convenzione riconoscendo la validità postale dei francobolli (Argentina, Filippine, Nicaragua, El Salvador, Liberia), secondo le modalità previste dal Consiglio di Stato nel citato parere.

(124) Così CANSACCHI, L'immunità giurisdizionale dei negozi di pubblico impiego, cit., 493.

(125) Cfr. Cass. 3 maggio 1978, n. 2051, cit.

(126) Trib. Roma 10 marzo 1961; Trib. Roma 23 luglio 1968; Trib. Roma 7 febbraio 1972; Cass., sez. un., 6 giugno 1974, n. 1653, in Giur. it., 1975, I, 1, 488 ss.
In dottrina CANSACCHI, lc. ult. cit.; SCOTTO, Ordine di Malta e giurisdizione dello Stato italiano, cit., 766 ss.; ID., Ancora sull'Ordine di Malta e sulla giurisdizione del giudice italiano, cit., 273.

(127) Trib. Roma 9 ottobre 1968 (ined.).

(128) Cfr. Cons. St. 30 marzo 1966, n. 192, in Cons. St., 1966, I, 500.

(129) Cfr. Cass., sez. un., 6 giugno 1974, n. 1653, cit., 497. Conf., con riguardo alla Convenzione del 20 febbraio 1884 intercorsa con l'ACISMOM, Trib. Roma 1° giugno 1951, in Dir. eccl., 1952, II, 83; Cass. 18 marzo 1935, n. 926, in Riv. dir. priv., cit., 211; PILOTTI, Zur Frage der Völkerrechtssubjectivität, cit., 393.
Secondo HAFKEMEYER, Der Malteser-Ritter-Orden, cit., 77, «im jahre 1884 erkannte der italienische Staat in der Konvention vom 20.2. den Ordenszweck und die Embleme des Ordens an und bestätigte seine souveräne Stellung» (cfr. anche a p. 118 e 137). Sono pertanto da considerarsi a carattere internazionale anche le convenzioni di cui all'art. 41 l. 23 dicembre 1978, n. 833.

(130) Contra, ASTORRI, Nota a Cass. 18 marzo 1935, n. 926, in Dir. eccl., cit., 242; TRIB. Roma 1° giugno 1951, cit., 86.

(131) Di cui parla, invece, la Cass. 25 luglio 1964 n. 2056, cit., sulla base del linguaggio usato dall'atto di fondazione, giustamente criticato da PEZZANA, Imposta di successione e commende melitensi, cit., 2056. In maniera sostanzialmente non dissimile Cass. 10 marzo 1932, n. 870, in Giur. it., 1932, I, 1, 365 (e in Foro it., 1932, I, 544; e Dir. eccl., 1932, 202). Trib. Avezzano 9 marzo 1955, in Riv. dir. agr., 1958, II, 16 ss.; Cass. 4 luglio 1969, n. 2469, cit., 298 ss. Cfr. anche MATALONI, Osservazioni sugli aspetti tributari della successione nelle commende del S.M.O.M., in Rass. Avv. St., 1964, 789 ss.

(132) Ricordato da Cass. 25 luglio 1964, n. 2056, cit., 1580.

(133) Giurisprudenza consolidata: Cass. 10 marzo 1932, n. 870, cit.; Trib. Roma 1° giugno 1951, cit., 80 ss., con nota adesiva di CANSACCHI, Le Commende del S.M.O. di Malta e la competenza giurisdizionale italiana; App. Roma 23 luglio 1952, in Foro it., 1953, I, 248 ss.

(134) Cass., sez. un., 17 giugno 1913, in Giur. it., 1913, I, 1, 743; Cass., sez. un., 12 febbraio 1916, cit., 616 s.; Cass., sez. un., 26 giugno 1945, cit., 152 ss.

(135) Per una chiara dimostrazione dell'assunto cfr. COMBA, Rilevanza, cit., 417.

(136) Da ultima Cass. 25 luglio 1964, n. 2056, cit., 1581 («non all'Ordine stesso ma allo Stato compete l'ufficio di rimuovere gli ostacoli che l'incertezza o l'ambiguità delle disposizioni da applicarsi possono opporsi alla realizzazione del diritto del chiamato alla commenda»).
La tutela del chiamato alla commenda è fino a tal punto ritenuta di competenza della giurisdizione italiana che il Trib. Roma 18 febbraio 1947 (ined.), in sede di volontaria giurisdizione ha ritenuto la propria competenza a nominare un curatore speciale dei futuri chiamati alla Commenda, con la funzione di intervenire all'atto di transazione con il quale si definiva una controversia in atto tra l'investito e terzi aggiudicatari di beni commendali sulla base di una asta pubblica dichiarata inefficace per nullità del procedimento esattoriale. C'è da rilevare che il pubblico ministero in quella sede, concluse, al contrario, per la competenza dell'ordinamento melitense.

(137) Così, in particolare, App. Venezia 16 dicembre 1964, citata supra, nt. 6.
La Corte suprema ha anche deciso circa la questione se l'interpretazione della bolla papale relativa alle commende fosse questione di fatto o di diritto. In quest'ultimo senso Cass., sez. un., 17 giugno 1913, cit., 741 ss.; Cass., sez. un., 18 febbraio 1916, cit., 615, con riguardo peraltro ad un caso del tutto peculiare in cui l'istituzione commendale era stata opera del Pontefice, a beneficio della famiglia Barberini; sulla questione, da ultimo, cfr. anche Cass., sez. un., 26 giugno 1945, cit., 152 ss., con nota di GISMONDI, La natura giuridica del Baliaggio Barberini ed i suoi rapporti con il Sovrano Ordine Militare Gerosolimitano di Malta, il quale generalizza la fattispecie con conclusioni inaccettabili per quanto concerne lo status dell'Ordine e la natura giuridica delle sue commende. Eguale equivoco in BERNARDINI, Ordine di Malta, cit., 535 n. 44, secondo cui questa vicenda attesta «della derivazione dell'ordinamento melitense da quello canonico», mentre, semmai, attesta proprio il contrario, e cioè la sua piena autonomia posto che, nel caso di specie, l'Ordine rimaneva completamente estraneo alla vicenda patrimoniale per curare invece il profilo nobiliare e morale, posto che i beni pseudocommendali non erano destinati a trasformarsi in commenda di giustizia melitense.
Con riguardo alle commende istituite dall'Ordine, cfr. invece, Cass. 4 luglio 1969, n. 2469, cit., 301, secondo cui, correttamente, l'approvazione papale era di carattere amministrativo e non legislativo.
Per una fattispecie di interpretazione della volontà calata nell'atto di fondazione, cfr. App. Roma 4 agosto 1887, in Temi rom., 1887, 507, nonché Cass. Roma 6 giugno 1888, in Corte S. Roma, 1888, 609: si trattava di interpretare la clausola secondo cui i discendenti istituiti nelle tavole di fondazione sarebbero decaduti qualora avessero sposato una donna «ignobile».

(138) App. Napoli 8 maggio 1896, in Tribuna giudiziaria, 1896, 169, in materia di obbligo di celibato.

(139) Cass. 25 luglio 1964, n. 2056, cit.

(140) In questa direzione, pur se non espressamente, Trib. Venezia 27 luglio 1961, in Foro it., 1962, I, 589 ss.; PEZZANA, Imposta, cit., 2056.
In verità non può, peraltro, sottovalutarsi che costituendo le rendite corrispettivo del rapporto di impiego pubblico e di pubblica funzione di cui è parte il commendatore, nell'àmbito dell'ordinamento melitense, anche questa questione deve correttamente essere sottratta alla giurisdizione italiana. Come rileva acutamente CANSACCHI, L'Ordine di Malta e l'ordinamento giuridico melitense, cit., 373, «si potrebbe, in certo modo, equiparare la Commenda dell'Ordine di Malta ad un organo o ad un'istituzione di Stato straniero (legazione, consolato, istituzione culturale, ecc.) ed il commendatore al funzionario prepostovi. Si avrebbe nei due casi un negozio di funzione, mediante il quale un Ente sovrano provvede alla sua organizzazione ed al suo funzionamento; quindi un rapporto giuridico sottratto alla cognizione giurisdizionale dello Stato territoriale».
Analoghe considerazioni in COMBA, Rilevanza, cit., 20. Contra, BERNARDINI, Ordine di Malta, cit., 535 nt. 44.



FONTI.

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